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La Voce Grossa di Donato Fanelli,« per comandare una curva ci vogliono carisma e personalità»

Nicola Ricchitelli - Lo abbiamo incontrato qualche gtempo fa presso la sede della sua agenzia di security “Gladiator”, lui, il vecchio Leader, il Leader, il Capo, con le sue ferite e i suoi ricordi, da quella sua prima volta in curva :« era un Barletta – Casertana... ci furono degli scontri nel pre - partita poiché furono rubati a loro dei tamburi»,  agli anni della serie B con Scarnecchia e Beccalossi, poi ci sono quelle ferite che seppur rimarginate hanno lascito il segno, « ricordi brutti? la trasferta di Grottaglie… quando abbiamo perso 3-0, lì ci hanno umiliato…», aldilà del fallimento e della retrocessione dalla B. Non potevano mancare riferimenti alla rivalità con la tifoseria foggiana, ma soprattutto al Gruppo Erotico, ma non vi anticipiamo nulla, eccovi la testimonianza della chiacchierata avuta con lo storico capo della tifoseria biancorossa.

D: Capo cosa vuol dire comandare una curva?
R:«Comandare una curva vuol dire avere una grossa responsabilità, non è cosa semplice, specie qui a Barletta. La curva non è fatta solo di ultras, è fatta soprattutto di gente comune che magari scelgono questo posto per un loro sfogo personale e che rischiano di mettere a repentaglio un’organizzazione di ragazzi che lavorano duramente per i colori biancorossi – nonostante la società non riesca a capire i sacrifici fatti da questi ragazzi – senza prendere un soldo, forse siamo l’unica tifoseria che in curva ci và per la sola passione biancorossa così come faccio io da venticinque anni, nel bene e nel male ».   

D: Quali le doti che non devono a un capo  mancare per ottenere il rispetto in curva?
R:«Sicuramente carisma e personalità. Sono le due caratteristiche che non devono assolutamente mancare. Io ringraziando Dio le ho. Torno a ripetere, non è facile. Ho creato questo giocattolo dal nulla e dopo venticinque anni siamo ancora qua, qualcosa vorrà pur dire. Il mio modello di riferimento è sempre stata la tifoseria giallorossa della Roma che proprio negli anni 80 era una tifoseria passionale, ed io ho cercato di importare quel modello qui nella nostra curva ».     

D: Che ricordi conservi della tua prima volta in curva da leader?
R:«Era un Barletta – Casertana. Ricordo che ci furono degli scontri nel pre - partita poiché furono rubati a loro dei tamburi».    

D:Perche' esistono le rivalita' tra le varie tifoserie?
R:« Esistono le rivalità per una questione di cultura italiana. Una cultura fondata sull’ essere più forte dell’avversario a tutti costi, una cultura fondata sul non voler mai perdere, una cultura fondata sul voler vincere a tutti i costi e sul non voler fare brutte figure. La violenza tra le tifoserie e negli stadi purtroppo ci sarà sempre. Inoltre la violenza non ha solo connotati ultrà, ad esempio esiste anche in politica, purtroppo fa parte della cultura italiana». 

D: Piccola curiosita' come nasce la rivalita' con la tifoseria foggiana?
R:«La rivalità con i foggiani nacque dopo una trasferta a Foggia. Ad un ragazzo dei nostri fu rubato un foulard, visto che avevamo al collo dei foulard biancorossi, e a questo foulard fu dato fuoco e lanciato per aria andando a finire tra l’altro sul volto di un ragazzo – un membro della vecchia guardia - che seguiva la partita con noi, creando delle bruciature sul viso dello stesso. Chiaramente ci furono degli scontri, ma fu dopo quell’occasione che nacque proprio l’odio profondo con la tifoseria foggiana. Tra l’altro dopo la partita fu dura raggiungere la stazione dallo stadio senza scorta».   

D: Quindi non vedremo mai foggiani e barlettani vedere una partita insieme?
R:«NO. Assolutamente NO. È una questione di orgoglio. Non può mai esserci amicizia con loro. Ti dirò di più, in passato vi è anche stato un tentativo, mi riferisco ai tempi del presidente Dicosola. Eravamo alla “Zaccheria” a Foggia, e il presidente mi chiese di raggiungerlo attraverso un annuncio  dal microfono dello stadio. Fu a quel punto che il presidente mi propose di stringere un gemellaggio con un piccolo gruppo del tifo organizzato foggiano. Io chiaramente non volevo, e anche quando raggiunsi i mie in curva, i ragazzi rifiutarono categoricamente la cosa. Però su pressione del presidente alla fine si accettò di fare questo gemellaggio. Andai verso il campo assieme ad un paio dei nostri, però giunti a centrocampo, anziché avere luogo il gemellaggio, partirono degli sputi, all’epoca facevo arti marziali, quindi subito parti un calcio verso uno dei loro con inseguimento annesso, insomma come puoi immaginare la cosa prese altre pieghe, seguirono tafferugli e robe di questo tipo, cose che oggi non succedono più. Oggi è tutto pietre, Facebook e chiacchiere ».           

D: Altra piccola curiosita', come mai la scelta di chiamarvi gruppo erotico?
R:«Ti spiego. All’incirca quindici anni fa avevamo la sede del nostro alle spalle dell’agenzia – zona via Rizzitelli – all’epoca lì c’era un centro estetico che chiuse di lì a qualche tempo. Prendemmo noi quel locale per farne il centro coordinamento del tifo, però poi diventò la nostra sede. Una sera alla vigilia di una trasferta a Foggia organizzammo una grigliata dove ci onorò della sua presenza l’allora allenatore Rumignani, il suo motto per caricarci era “La Lotta è dura e non ci fa paura”, quella stessa sera c’era con noi un ragazzo che amava spesso parlare di sesso e di donne, quindi non di rado le nostre discussioni andavano a parare là, quindi fu questo l’input che ci portò a chiamare il nostro tifo, Gruppo Erotico. Ma ti dirò, la scelta di scegliere questo nome fu presa proprio perché nessun altro gruppo del tifo organizzato aveva questo nome». 

D: I ricordi più  belli e i  più  dolorosi che ti legano a questi colori?
R:« Di momenti brutti ve ne sono tanti, dalla retrocessione al fallimento, anche se quello in assoluto che mi porto dentro è la trasferta di Grottaglie – stagione 200/2008, campionato serie D – quando abbiamo perso 3-0, lì ci hanno umiliato, sono stato davvero male così come per tutte le sconfitte del Barletta. Oggi purtroppo è diverso, prima per le sconfitte del Barletta si stava davvero male, oggi no, la generazione è cambiata, ma forse è cambiato un po’ tutto. Un altro momento brutto è stato sicuramente il fallimento, lì mi sono dovuto rimboccare di nuovo le maniche e ricostruire tutto da capo». 

D: A quale Barletta sei maggiormente legato?
R:« Sicuramente al Barletta di Scarnecchia e Beccalossi».

D: Cosa rappresentano per te i colori biancorossi?
R:« I colori biancorossi sono la mia vita. Rappresentano per me una seconda famiglia. Grazie al Barletta è nato questo piccolo personaggio, anche se povero».

D: Capo perché a Eraclio nessuno deve appendere altre sciarpe diverse da quelle biancorosse?    
R:«Perché Barletta è biancorossa, e perché un barlettano deve essere prima di tutto un tifoso biancorosso. Poi Eraclio è il simbolo della città di Barletta, non del Milan, Juventus o Inter che sia. In molti qui sono tifosi solo quando la loro squadra vince, un tifoso biancorosso invece lo è sempre» 

D: Capo cosa ti auguri per questo Barletta all'inizio dell'imminente stagione 2013/2014?

R:«Sono ottimista. Vedo che l’organizzazione all’interno della società sta migliorando. Purtroppo questa società non sempre ha ascoltato i nostri consigli che siamo la continuità della storia biancorossa. Giocatori, mister e presidenti vanno e vengono, ma chi rimane siamo noi».
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