Anni, 80, Vito Marino dj:«Sono diventato dj per puro spirito musicale»
Tommaso Francavilla - Passione musicale e serenità.
Vito Marino nasce nel 1960 e nel 1975 inizia a mettere i suoi dischi alle prime
feste in terrazza e nei “sottani”, luogo di ritrovo dei giovani barlettani di quel periodo. In seguito, inizia la sua
carriera da dj presso la discoteca “La Tartaruga”, allestita dai proprietari
del lido Elena (litoranea di Ponente – ndr). Vito è stato dj della discoteca
“Casanova” (via Madonna degli Angeli, 51-ndr), di proprietà di Gino Pastore e
Michele Distaso, che nel corso degli anni cambierà nome e gestione. Vito Marino ha condotto programmi radiofonici per alcune radio libere di Barletta:
Radio 2001 (Piazza Conteduca –ndr), Radio Barletta Stereo (via Renato Coletta
-ndr), Radio Antenna Uno (Corso Garibaldi-ndr). Incontro Vito Marino in un bar
di via S. Antonio, a poca distanza dalla sua attività commerciale, per parlare
della sua passione musicale.
Perché sei diventato dj?
R:«Per
puro “spirito musicale”. In quegli anni, i ragazzi avevano l’esigenza di avere
luoghi di intrattenimento con orari che rispettassero la cosi detta “ritirata”,
per questo le comitive prendevano locali in fitto dove si mettevano i dischi, dalle 18
alle 22 della sera, oppure si ballava sulle terrazze, durante il periodo estivo.
Io ho iniziato su quelle terrazze, mettendo dischi per fare ballare gli amici».
Qual’ è stato il primo disco che
hai suonato in discoteca?
R:
«Uno dei primi dischi che ho suonato fu di KC & The Sunshine Band, presso
la discoteca “La Tartaruga”».
Quale fu il tuo stato d’animo
durante la tua prima serata presso “La Tartaruga”?
R:«Avevo
16 anni e mi sono letteralmente “cagato sotto”, dato che stavo suonando davanti
a 300 persone».
Quanto guadagnavi?
R:«Non
percepivo un vero e proprio stipendio, c’era un accordo amichevole coi
proprietari della discoteca. Con quei soldi, compravo i dischi nuovi, necessari
per il mio lavoro».
Dove compravi i dischi?
R:«All’epoca,
li compravo al “Buco” (Corso Vittorio Emanuele – ndr), un negozio ben fornito
di dischi - import dagli Stati Uniti. Inoltre, compravo i dischi anche per
corrispondenza, tramite negozi
specializzati di Rimini, che vendevano tutte le anteprime discografiche,
che pagavo coi bollettini postali».
Quanti vinili hai?
R:«Ho
un baule pieno, sono tutti dischi accumulati dal 1975 al 1979».
Hai aneddoti particolari degli
anni ’70?
R:«Quel
periodo è stato tutto un “aneddoto”: si viveva con una serenità che non esiste
più, si faceva tutto con tranquillità».
Come si viveva a Barletta in quel
periodo?
R:
«C’era spensieratezza e tanto lavoro. In
ogni famiglia entravano almeno due o tre stipendi, era l’epoca dei maglifici e
calzaturifici. Tutti avevano qualcosa da fare».
Quanto contava il look per voi
dj?
R:«Per
me, il look non era importante, sebbene fosse importante seguire le tendenze
dettate dalla tv e dai giornali. Ad esempio, l’eskimo e i “sanbabilini” erano
legati a situazioni di appartenenza politica».
Hai lavorato nelle prime radio
libere di Barletta, che periodo è stato?
R:«Fu
un periodo pioneristico, bisognava inventarsi tutto e farlo in maniera
artigianale. Ad esempio, Inventavamo gli spot radiofonici o il modo per
collegare due brani diversi, incollando e tagliando i nastri delle cassette».
C’erano rivalità musicali tra dj?
Chi ricordi con piacere?
R:«Quando
lavoravo al “Casanova”, a poca distanza c’era la discoteca “ Bla Bla” con Paky
Mele, bisognava conquistarsi il pubblico della discoteca “rivale”; in questo
senso c’era una sana rivalità musicale. Paky Mele dettava legge, era anche il
referente della Associazione Italiana
DJ. A Radio Barletta Stereo, conducevo un programma di informazioni musicali
sulle ultime novità discografiche, riuscivo a trascinare gli ascoltatori verso
il programma di Paky, che trasmetteva tutte le novità della disco music.
Ricordo con piacere anche il dj Sandro Zaramella».
Perché hai smesso di fare il dj?
«Per
motivi di lavoro. Nel 1979, anno in cui mi sono diplomato, sono entrato nella
attività lavorativa di famiglia».
Che differenza c’è tra un ragazzo
degli anni ‘70 e un ragazzo degli anni 2000?
«Ci
sono tante differenze. I ragazzi di oggi sono più evoluti e colti, ma tutto
questo non li porta a vivere bene la loro età, rendendoli troppo emancipati.
Negli anni ’70, si viveva con la serenità della propria età».