La Voce Grossa di...Marlene Kuntz(intervista)
Nicola
Ricchitelli - Sulle pagine de La Voce Grossa quest’oggi una delle band più
longeve del panorama dell’alternative rock italiano. Da Cuneo, dopo un cammino
lungo trent'anni festeggiati proprio quest’anno, accogliamo i Marlene Kuntz.
A rispondere alle nostre domande abbiamo l'onore di avere la voce dello storico front man della band, Cristiano Godano.
Le foto a corredo dell'intervista sono a cura di Maurizio Greco.
Cristiano in tanti vi avranno chiesto in questo ultimo periodo di quel 13 maggio 1989, al Parco Monviso di Cuneo,
aldilà di questa storica data quali sono stati in questi anni le date fondanti
della storia dei Marlene Kuntz?
R:«Uhm..
direi che ogni nostro disco quando usciva rappresentava una data importante:
quando pubblicammo Catartica, il nostro primo, ci parve un miracolo. Poi
sperammo nel secondo miracolo (e si realizzò), poi nel terzo (e si realizzò),
poi nel quarto eccetera, ed eccoci qua, a 10 dischi fatti e trent'anni di
musica suonata insieme».
Trent’anni
racchiusi in un libro scritto da Cristiano Godano di 350 pagine del libro
“Nuotando nell'aria. Dietro 35 canzoni dei Marlene Kuntz” - editore La nave di Teseo – quindi chiedo come
si è riusciti a concentrare una storia così lunga in 350 pagine?
R:«In
tutta onestà a me sono sembrate tantissime 350 pagine! Considerando che lo
scopo del libro non era fare una autobiografia bensì un racconto del backstage
creativo di ciascun pezzo dei primi tre dischi, mi sembra stupefacente io abbia
ricordato così tanti aneddoti legati a quelle 35 canzoni. Quindi la domanda
giusta (almeno dal mio punto di vista) sarebbe: come hai potuto espandere così
tanto una narrazione legata a 35 canzoni?».
C’è
qualcosa che è rimasto fuori della vostra storia in questo lungo racconto?
R:«Una
parte di potenziale pubblico italiano: sono convinto che un po' di gente
"là fuori" potrebbe apprezzarci e conoscerci meglio se fosse (stata)
messa in condizione di ascoltarci con calma. Credo non sia peregrino pensare
che se fossimo inglesi o americani, a parità di risultati raggiunti e di musica
suonata, saremmo delle "rockstar" internazionali (e senza dover essere mainstream, giacché
quello che facciamo non è mainstream). Diciamo che saremmo apprezzati da
qualche milionata di persone».
Quali
sono stati gli incontri più importanti e decisivi di questo lungo cammino?
R:«Gianni
Maroccolo, Marco Lega (nostro primo produttore artistico), Giovanni Lindo
Ferretti, Skin, Rob Ellis (primo batterista di PJ Harvey), e tutti i
collaboratori (il management, i discografici, i tecnici, le agenzie e gli
uffici stampa) che hanno lavorato con noi permettendoci di fare il nostro
lavoro al meglio (e non oso pensare a chi mi sto dimenticando in questo momento
di nominare: chiedo scusa in anticipo)».
In
autunno – a partire dal 3 ottobre al Viper di firenze – prenderà il via il tour
celebrativo di questi trent’anni dei Marlene Kuntz, cosa avete in serbo per i
vostri fans?
R:«Riproporremo
tutto, “Ho ucciso Paranoia”, il nostro terzo disco (ma prima suoneremo per
un'ora un concerto totalmente acustico, dopodiché largo alle bordate
elettriche). Invito dunque tutti coloro che sono affezionati a "quei"
Marlene a non farsi mancare l'opportunità: penso che se saremo bravi a mantenere
i nostri propositi poi volteremo pagina e smetteremo di dedicare ai concerti
tutto lo spazio che abbiamo sempre dedicato, anche, a "quei" Marlene.
Non sarà facile, ma potrebbe essere necessario e vitale (in fondo gente come i
Radiohead a un certo punto ha smesso di dedicare ampio spazio ai primi dischi,
quelli osannati dal loro primo pubblico, decidendo di dedicarsi alle nuove
sonorità che inseguivano da dopo OK Computer in avanti, fatte sempre meno di
canzoni in senso tradizionale e sempre più di esperimenti sonori meno
facilmente classificabili)».
Tra
l’altro ricordiamo la data di Bari – al Demodè – del prossimo 26 ottobre, qual
è il vostro rapporto con la Puglia?
R:«La
amiamo: siete un pubblico meraviglioso. E anche le qualità del popolo e i tanti
successi nei più svariati ambiti dei suoi più bravi rappresentanti testimoniano
di una marcia particolare».
Ci
sono ricordi particolari nell’arco di questi 30 anni che vi legano alla nostra
Puglia?
R:«Ci
saranno senz'altro, mi è difficile ricordare ora. Ma garantisco che ogni volta
che siamo giù da voi viviamo momenti particolari: da nord a sud, da Foggia a
Santa Maria di Leuca, è tutto un ricevere affetto caloroso e confortevole.
Stiamo bene quando siamo lì da voi».
Tra
l’altro ricordiamo che ci sono due modalità di acquisto dei biglietti, vi va di
parlarne?
Certo,
con piacere: esiste un biglietto normale (ovviamente) che dà diritto
all'accesso al concerto in se e per se. Ed esiste un biglietto particolare (in
genere viene chiamato qualcosa tipo "vip ticket": non capisco ma mi
adeguo J, che da diritto a venirci a trovare finito il
nostro sound check per ascoltare, insieme a me, due o tre pezzi del mio primo
disco solista - in uscita a inizio 2020 - più una sessione di domande e
risposte fra tutti i Marlene e il pubblico. Una buona ora vissuta insieme a noi
prima del nostro concerto. Sono situazioni sempre più diffuse nel mondo, e sono
mediamente bene accolte dai fans più accaniti e fedeli, che amano l'idea di
trovarsi a tu per tu con chi apprezzano in modo particolare per vivere una
esperienza unica e esclusiva. Dal punto di vista mio (dunque dell'artista) è un
bellissimo modo per instaurare un rapporto speciale con chi ci apprezza in modo
intenso e fedele».
Ad
aprire i vostri concerti sarà la band emergente romana dei Life in the Woods
prodotta dal grande Gianni Maroccolo, quanto è importante per voi l’interazione
con le nuove realtà musicali?
R:«Lo
sarebbe molto se ci fosse sempre la possibilità di far aprire le date a un
gruppo prima di noi: permetteremmo a tanti giovani di farsi conoscere da
qualcuno in più. Ma spesso le condizioni tecniche impediscono di aggiungere una
inevitabile problematica (allestire un po' di palco per un gruppo ospite) alle
tante già in essere».
Ai
giorni d’oggi è possibile ancora emergere senza l’apporto e il supporto di
reality e talent show?
R:«Non
molto, soprattutto se fai rock. Ma se fai rap o trap, o neo pop (quello che
chiamano indie) hai delle chances in più: mi sembra evidente che queste nuove
generazioni stiano cominciando a capire come fare a rendere fruttuosa la rete,
che per definizione (per così dire) è gratis. Però bisogna accondiscendere a
compromessi coerenti con l'essere giovani al giorno d'oggi, e adottare un certo
tipo di atteggiamenti e una certa basicità del linguaggio (oltre a andare alla
ricerca di vagonate di like, "costi quel che costi"). E' un discorso
complesso che andrebbe articolato meglio e questo non è il luogo adatto».
Cosa
c’è ancora nel futuro dei Marlene Kuntz?
R:«Voglia
di continuare a non ripetersi disco dopo disco, come sempre abbiamo cercato di
fare e, secondo me, sempre siamo riusciti a fare».