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“Artista”: persona la cui attività si esprime nel campo dell'arte. Vedi “Nullafacente”


Elisa Acquaviva - No, non voglio fare di tutta l’erba un fascio ma, solitamente, è questa la definizione che appioppano a gente del settore.
Si perché, alla fine dei conti, non è poi di così vitale importanza, la sua attività, voglio dire… Se fa capolino un mal di stomaco, a chi ci si rivolge? A un artista o un dottore? E beh, converrete con me che, la professione del secondo, è molto più importante.
Ora, il mio è sicuramente un paragone fuori luogo, e non c’è assolutamente nulla di goliardico nei confronti della rispettosissima professione del medico che ho preso in considerazione in modo del tutto casuale, però voglio farvi una domanda: chi cura l’anima?

Adesso mi presento.

Ciao, mi chiamo Elisa e sono un’artista. Sono un’insegnante di danza e, da poco, ho conseguito il titolo di studio triennale all’Accademia di Belle Arti in pittura. Capirete, quindi, che “denuncio” questa situazione con cognizione di causa.
Da sempre, il cielo sa per quale motivo, l’attività dell’artista viene considerata come un qualcosa di futile, di secondario, come fosse un passatempo. Questo è, per lo meno, quello che ho sempre riscontrato personalmente nella società in cui vivo come se, avere nozioni sulla Gioconda, fosse meno importante di avere nozioni sulla penicillina.
Passeggiando come sempre avvolta nella mia aura da extraterrestre, mi imbatto spesso in contesti sociali in cui, parlando del più e del meno, si arriva al fatidico “Che fai nella vita?”.

Vi lascio immaginare.

Certo non si può sempre avere l’apprezzamento e il consenso di tutti, d’altra parte anche Michelangelo pretendeva che il suo Mosè, una scultura di marmo, parlasse. Ma quella è un’altra storia.
Ovviamente, questa bassa considerazione della figura professionale, si ripercuote nell’ambito lavorativo dell’artista in senso materiale perché, nel momento in cui egli svolge un lavoro su commissione, che sia esso un dipinto o un disegno fatti a mano, per il committente il prezzo è sempre “troppo”. “Troppo” è la tariffa fissa ma, quando l’italiano va in vacanza, per la retribuzione di un acquerello del paesaggio, non crea troppi drammi.
Già, noi siamo “nullafacenti”. Alla fine, che ci vuole per uno scarabocchio?

Eppure, quando arriva il fatidico momento di comprare casa, guarda caso tutti vanno alla ricerca del “quadro”. Si, “il quadro”, perché l’essere umano ha la necessità di avere una finestra che si affaccia sull’immaginazione. Immaginate una vita in quattro mura spoglie, sarebbe come vivere in una gabbia di cemento. Ecco “la cura dell’anima”.
Lei ha bisogno di viaggiare, di respirare luce e colore, ma questo lo considerano in pochi, come se tutto fosse  scontato e dovuto quando, invece, dietro alla figura dell’artista, ci sono anni e anni di lavoro, di studi, di sacrifici, di investimenti economici e, dulcis in fundo, l’elemento più importante: la sensibilità, e quest’ultima non si può studiare, comprare o improvvisare. L’artista la riceve in dono.
D'altronde, ho sempre riscontrato questo problema anche nell’ambito della danza. Certo, il paragone fra “ingegnere aerospaziale” e “insegnante di danza” è duro da sostenere però sappiamo tutti che, se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.
Anche io, a dirla tutta, potrei trovare poco interessante il fatto che, “due più due”, dia “quattro” come risultato, anche perché credo di essere rimasta ferma alla tabellina del “sei” e la mia mente non è impostata per “il razionale”, però so riconoscere che è importante e utile, come lo sono le note musicali per l’anima, il colore per la mente e la poesia per il cuore. In altre parole, non voglio giudicare ed apparire vittima di una società carnefice perché c’è anche la parte di essa che apprezza e, per quanto mi riguarda, comunque continuo a camminare nella mia aura senza troppi problemi. Dico solo che mi piacerebbe che l’”intelligenza matematica” e l’”intelligenza sensibile” fossero sullo stesso gradino del podio della società così magari, noi artisti, non saremmo costretti a fare il fagotto e resteremmo sotto il tetto della nostra amata città.

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