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La Voce Grossa di...Andrea Roncato(intervista):«Lavorare con Pupi Avati è come vincere un Oscar»


Piero Chimenti - Abbiamo l'immenso piacere di ospitare nel nostro giornale, Andrea Roncato l'attore bolognese, che con la sua bravura continua ad emozionare generazioni di italiani, è riuscito a 'conquistare' la Francia prendendo parte alla serie tv “La Mitomane”. Dai suoi esordi in cui debuttava nel celebre duo Gigi&Andrea, al suo 'amore' per Pupi Avati, Andrea Roncato in questa chiacchierata ci porterà nel suo mondo, dove ci dirà la sua sulla, tanto dibattuta ripresa del campionato, senza dimenticare di 'celebrare' uno dei simboli del suo Fc Bologna: Sinisa Mihajlovic.

Hai attraversato 40 anni di cinema italiano. Com'è cambiata la commedia?
R:«Il cinema è cambiato perché forse ci sono meno soldi. Una volta si investiva di più anche per il cinema comico. Adesso si investe di più per alcuni film che sai che ti portano 40-50 milioni di incassi, quindi si sta un po' più 'basso'. Un volta si lavorava con la pellicola che costava un'ira di Dio rispetto al digitale di adesso ed era più difficile fare i film, perché il regista doveva capire quando la scena andava bene o no perché doveva farla sviluppare, doveva avere un intuito maggiore, mentre adesso la scena la puoi far rifare 10 volte non spendi niente perché viene registrato e cancellata e poi dal monitor, può vedere com'è venuta mentre prima te la dovevi immaginare. Tecnicamente sono cambiate tante cose che hanno portato a facilitare il cinema. Però è cambiata anche la gente, prima avevi una sala da cinema da 1000 persone e 1000 persone c'erano….Adesso molte sale per fare qualche persona, hanno dovuto dividere quella da 1000 in 10 sale da 100 persone e comunque vedere un film comico in  1000 o in 50-100 è tutto un altro risultato, perché sai che la risata è contagiosa, più si è a vedere il film e più ridi».

Anche tra i giovani le cose sono cambiate…
R:«Le cose sono cambiate tanto così come nelle discoteche. Una volta si facevano molti spettacoli, in quasi tutte le discoteche alle 23 fermavano la serata, non si ballava e per un'ora si faceva lo spettacolo di cabaret. Adesso non c'è più. Una volta la gente andava a ballare alle 21,30-22 e fino alle 2-2,30 si stava in discoteca e c'era mezz'ora o un'ora di pausa per lo spettacolo. Adesso vanno in discoteca a 01,30 fino alle 4 di notte e ci vanno che hanno già bevuto, hanno già pippato, che hanno tirato giù pasticche. Una volta ci si divertiva con meno, nel senso che si andava in discoteca per farsi dire si "vengo a ballare" da una ragazza o per strapparle un bacio, adesso non gliene frega più niente a nessuno. Infatti queste discoteche che facevano 5000 persone, tutti i giorni dal martedì fino alla domenica, adesso o sono chiuse o fanno 500 al sabato, quindi sono cambiati i modi di vivere dei ragazzi. Una volta per stare insieme ad una ragazza, per dichiararsi, per fare il simpatico lo facevi dal vivo adesso lo fai col telefonino. Purtroppo ci si è allontanati da una vita comunitaria che c'era una volta e ci rimette anche il cinema, il divertimento, tutte queste cose, capisci? Adesso è più facile per tutti sentirsi divi: su Instagram ci sono migliaia di ragazze o ragazzi che si sentono dive perché hanno tot follower, però per sentirsi dive cosa devono fare? Essendo sconosciute, per aver l'impressione di essere famosissime perché hanno 1 milione di followers, devono farsi 1 milioni di foto col culo da fuori. L'attrattiva ormai è la chiappa fatta bene, caso mai aggiustata con i, però i followers si posso comprare il talento e l'intelligenza no. Questo è il problema grosso. E' un po' per tutto il mondo dello spettacolo: molti ragazzi perché hanno fatto il tronista a “Uomini e Donne” si sentono divi. Se vai a parlare con loro devi chiedere il permesso, è quasi più facile parlare con De Niro, e poi ci sono ragazze che vengono da me e mi dicono: "sono bella potrei fare l'attrice", a nessuno viene in mente che bisognerebbe essere anche brava. Il cinema non è una 'passerella' di belli, cioè il cinema rappresenta la vita e quindi nella vita c'è quello bello, quello brutto, quello alto, quello basso, quello magro, quello grasso, quello vecchio, quello giovane, quello bambino quindi c'è da lavorare per tutti, non si può fare un film di belli. Allora mi faccio un film su 'Miss Italia', che sono tutte belle. Molte volte il talento, l'attrazione al cinema, non è tanto dato dalla bellezza, ma dal fascino che uno ha. Se noi guardiamo gli attori più importanti come De Niro, Al Pacino, non sono 'Raul Bova' però sono bravi e la loro bravura, il loro talento diventa bellezza. Per un attore o per un cantante, o per chiunque faccia spettacolo, il talento diventa bellezza quando sale sul palco. Lady Gaga non è Miss Universo, però se la vedi sul palco rimani estasiato con gli occhi spalancati perché diventa la più bella del mondo, così come Madonna come tante cantanti italiane che hanno grosso talento. Ricordiamoci Patty Pravo, se la vedi ancora adesso sul palco, che ha più di 70 anni, e come si muove, e come poggia le cose, come si mette i capelli, la vedi sul palco ed è bellissima seppur nella vita abbia i suoi annetti, però la vedi sul palco diventa 100 volte più bella perché il suo talento, la sua personalità, il suo fascino oltrepassano la bellezza vera e propria. La differenza del cinema è questa. C'è da dire anche un'altra cosa. Noi avevamo una memoria storica, data anche dagli studi. Per vedere una cosa dovevamo prendere i libri, aprirlo, andare a cercare la pagina, trovarla ed una volta visto, ad esempio, qual'era la capitale dell'Egitto ce la ricordavamo. Adesso se vai su Google e digiti quanto fa 6x6 di dice 36 non più bisogno di ricordarlo di fare un ragionamento. Quindi la memoria storica dei ragazzi di adesso, purtroppo fa indietro di tre anni, perché sanno chi è, giustamente perché è bravo, lo seguo anch'io,  Achille Lauro ma non più chi è De Andrè. Insegno ai ragazzi che vogliono fare cinema parlando di Marlon Brando e molti di loro mi dicono: " Chi è Marlon Brando", si giustificano rispondendomi: "Eh sai sono nato che era già morto..." e ribatto dicendo: "Cosa c'entra? anch'io sono nato quando che era già morto Garibaldi...però so chi è". E' questo il grosso problema. La memoria storica dei ragazzi va indietro di 3 anni. Ho la fortuna che i miei ragazzi mi seguono moltissimo, perché i miei vengono replicati di continuo: L'allenatore nel pallone, Fantozzi, Rimini Rimini, I pompieri, quindi per loro sono attuali, visti ieri. Se fossero stati diffusi, solo quando sono usciti non saprebbero chi sono. Molti ragazzini di adesso mi riconoscono di più per Carabinieri, che è l'ultima cosa lunga che ho fatto in televisione che per un film di Avati che è la cosa ben più importante che ho fatto. Però il mondo va avanti, va così, va bene tutto perché non è che il web sia solo delle disgrazie, ma da un lato devono essere usati nella maniera giusta ma dall'altro lato hanno portato dei grossi miglioramenti. Purtroppo molti si lasciano o si prendono tramite internet, che è una cosa assurda per la mia età, però poi ci saranno altri vantaggi. Il mondo va avanti, ed è giusto che ci siano dei cambiamenti in meglio ed in peggio, e forse le cose che sono in peggio adesso, diventeranno in meglio andando avanti. Penso che la gente alla fine si sia resa conto di una cosa: possiamo avere tutte le cose tecniche che vogliamo nella vita, però poi basta un virus del cavolo qualsiasi per metterci tutti in ginocchio. Basta che la natura decida di 'farci del male' ci mette un attimo per farlo, quindi spero che questa pandemia abbia raccontato alla gente che noi non siamo i padroni del mondo, ma siamo ospiti».

In “Io e te” hai dichiarato che i comici a lungo andare rischiano di stancare perché interpretano sempre lo stesso film. Come sei riuscito a rinnovare la tua comicità negli anni?
R:«Dipende dal lavoro che vuoi fare. Se tu da comico, cominci a fare dei film, il tuo personaggio funziona fai dove c'è questo tuo personaggio che va avanti, ma non fai l'attore perché fare l'attore vuol dire avere un ruolo. Se tu non hai ruoli, fai te stesso e se fai te stesso, rischi di fare lo 'stesso' film. Quando iniziai a fare dei film con Gigi (Sammarchi ndr), abbiamo fatto 10 film insieme, ci siamo accorti che facevamo sempre Gigi e Andrea: Gigi e Andrea che vanno a mare, che vanno in montagna, che vanno a giocare a calcio, che vanno a fare questo, vanno a fare quell'altro ma interpretavamo noi stessi, cioè quello che facevamo nel cabaret. Prendiamo uno 'dei grossi' di adesso, che a me fa morire dal ridere, Checco Zalone, però Zalone fa Zalone, non interpreta un ruolo: Zelone che fa un mestiere, Zelone che fa un altro mestiere, ma sempre e solo Zalone, ma non ha ruoli diversi da Zalone. Quindi rischi di fare sempre lo stesso film e dopo un po' di tempo, puoi anche stancare, la gente si può anche rompere le scatole. Abbiamo vari esempi, di cui non faccio nome, di comici che hanno incominciato facendo film di successo, ma con l'andare del tempo la cosa è un po' scemata perché sapevi già cosa andavi a vedere. Checco Zelone è molto intelligente, oltre ad essere un grande comico, come Verdone, saprà prendere strade diverse per non stancare mai. Li dipende dall'intelligenza che hai e dal senso di capire le cose. Verdone, ad esempio, è uno che ha iniziato così, poi ha fatto il regista, ha fatto cose drammatiche, quindi ha iniziato a fare l'attore che non stanca, facendo film diversi uno dall'altro. Ho smesso di lavorare con Gigi, non perché abbiamo litigato, anzi continuiamo a fare teatro, piazze, conventions insieme, ma perché volevo fare l'attore, volevo fare un personaggio diverso da quello che sono fino ad arrivare ad Avati, Virzì, Muccino, perché ho fatto un personaggio che non era Andrea Roncato, era un personaggio diverso e quindi mi sono sentito attore. Fare l'attore vuol dire che ti devi adeguare alla tua età. Se a 30 a 40 anni andavo sulle spiagge a fare lo stronzo con le ragazzine, non lo posso più fare a 70 anni, allora ero comico adesso sarei patetico. Devi anche adeguare la tua età ai personaggi che fai».

Hai lavorato con maestri della commedia all'italiana come la Mondaini, Villaggio e Banfi. Che ricordi hai di quell'esperienza? cosa t hanno insegnato?
R:«La Mondaini mi ha portato addirittura in televisione. Io e Gigi erano 10 anni che facevamo serate un po' dappertutto in giro per l'Italia, eravamo bravini, conosciuti, ma non eravamo nessuno. La Mondaini ci vide e ci chiede di andare a fare le serate con lei, perché era sola, voleva fare i suoi personaggi ed aveva bisogno di qualcuno che le facesse da spalla o che riempisse lo spettacolo. Ho avuto l'onore, la fortuna di lavorare tre anni con la Mondaini, che è stata una bella scuola, perché era un animale da palcoscenico eccezionale. Con lei ho conosciuto anche il marito (Raimondo Vianello ndr), ci siamo frequentati ed addirittura io da solo con loro due feci nel 1997, 6 film di Cascina Vianello, non Casa Vianello, che erano dei veri e propri film gialli ed è stata un'altra occasione per lavorare con loro. In altri film, ho conosciuto Banfi, De Sica, Boldi. Praticamente ho collaborato con tutti, da Pippo Baudo, come presentatore, alla Carrà. Villaggio e Banfi sono due personaggi estremamente diversi, ma in comune hanno il talento: Banfi è un comico nato, quando parli con lui o ti racconta ha sempre il sorriso sulle labbra, nonostante sia un comico vero malinconico delle volte, però con spirito di esibizione e questa simpatia innata, che non si può comprare, ce l'hai o non ce l'hai. Villaggio era anche più intellettuale nelle sue cose, però anche lui come Banfi, quando la sera si andava a mangiare fuori e si iniziava a raccontare storie, un po' vero, un po' romanzate da loro, ti buttavi a terra dal ridere. La stessa cosa con Boldi,che è una macchietta nata. Lui non interpreta un personaggio, è lui un personaggio non lo puoi cambiare. Cristian De Sica è già attore può fare vari ruoli dal drammatico al comico. In una serie che ho fatto in televisione, con Avati, Un Matrimonio, nella prima puntata c'era lui che faceva una parte drammatica fu bravissimo. Se uno è un bravo comico, facilmente diventa un bravo attore drammatico perché per far ridere bisogna sapere come si fa a far piangere inconsciamente. Nel cinema ho già fatto 60 film, con attrici come Elena Sofia Ricci, con la regia di Luciano Odorisio che aveva appena vinto il Leone d'oro di Venezia, che si chiama Ne parliamo lunedì che vinse il David di Donatello, quindi ho avuto anche il piacere di lavorare con la Micaela Ramazzotti con la quale ho fatto il cuore grande delle ragazze con tutta la serie Un Matrimonio per la televisione. Il fatto di lavorare con personaggi come Banfi, Villaggio, così famosi, così bravi, è sempre colpo di fortuna, perché più sono bravi quelli che ci circondano nel lavoro e più sembri bravo».

Questo ti ha aiutato a farti 'scuola'...
R:«Si, è come giocare a tennis. Se giochi a tennis con uno bravo perderai, però stai tranquillo che ti vengono 2-3 colpi che dici: "cavolo che bravo che sono", poi perdi. Se giochi con una 'schiappa' vinci, però sembri una schiappa anche tu. E' molto meglio perdere contro uno bravo, facendo comunque la tua bella figura, mentre con uno meno bravo di te farai sempre una brutta figura. Ho sempre detto, che è sempre meglio fare una posa in un bel film, che fare il protagonista in un brutto film».


Hai scritto anche un libro...
R:«Ho scritto anche un libro, che s'intitola “Ti avrei voluto” e adesso credo che ne farò una ristampa, che me l'hanno richiesta. Vendette un trentina di migliaia di copie, ma è finito, perché poi la società che l'ha fatto ha chiuso e  non sono riuscito a trovarlo più da nessuna parte, sono esauriti dappertutto. Vorrei fare la ristampa, magari aggiungendo qualche capitolo, qualche scritto, rimodernizzando il libro, perché tutte le volte che recito una poesia o un pezzo di questo libro in televisione, ho migliaia di persone che mi chiedono "dove lo posso trovare", "me lo scrivi", "me lo ripeti", "me lo mandi", e quindi penso possa essere una cosa gradita ristamparlo. Il libro si intitola Ti avrei voluto, dedicato ad un bambino che ho fatto abortire. Alcune, anzi molte stronzate da giovane le ho fatte, tra cui questa, però ho capito che è stato un grosso errore. Ma ci sono altre poesie, dedicate alla vita, a mio padre, mia madre, e tutto quello che mi è capitato e tanti racconti su personaggi importanti che ho conosciuto come Berlusconi».

Quanto il libro ti ha aiutato a fare pace col passato? 
R:«Credo che sia il 'tuo' cervello che fa pace col passato. Ho fatto tante stronzate nella vita, ma devo dirti senza una grande fatica, un giorno mi sono svegliato ed ho detto basta a questa cosa, basta quella cosa, fino ad arrivare ad avere una donna che amo, ad avere una vita tranquilla. Sono uno che non beve alcolici, non mi sono mai ubriacato in vita mia però mangio sano, non in maniera maniacale, non fumo, non mi drogo. A tutto questo ci sono arrivato non per costrizione o perché qualcuno mi ha spinto a farlo o perché è successo qualcosa, no, ma perché il mio cervello pian piano si è evoluto ed ha iniziato a scartare le cose brutte ed iniziare a cercare le cose belle, ha cercato di dividere le stronzate dalle cose che fanno parte dalle gioie della vita. I miei errori li ho fatti col cervello, così quando li ho smessi di fare, ma mai perché qualcuno mi ha costretto, mi ha 'detto' o mi ha 'fatto'. Essendo amante degli animali, consiglio a tutti di avere degli animali vicini ed amateli, perché credo che in certi momenti della vita in cui ero un po' più triste, avevo più problemi o non ero soddisfatto, mi mettevo sul divano con affianco i miei cani che si appoggiavano a me e questo calore, questo amore infinito che avevo intorno è senz'altro un toccasana è una cosa che ti da la forza per andare avanti o per cambiare le cose se non vanno bene. Credo non esista la fortuna, non esista la sfortuna. La fortuna e la sfortuna la facciamo noi, o la nostra testa. Ci sono addirittura delle cose che dicono "è un portafortuna". Con me c'ho un pupazzetto che mi ha regalato una bambina per strada, che mi ha riempito il cuore di calore, perché una bambina che ti dice: "questo è un portafortuna". E' un portafortuna perché ogni volta che lo guardi, sai che c'è una persona che te l'ha data con amore e ti dà la forza per crearti la tua fortuna».


La tua ultima fatica al cinema è Signor Diavolo con Pupi Avati... 
R:«Si, è l'ultimo lavoro che ho fatto. Con Pupi Avanti ho fatto: Le Ragazze per il cinema, una serie per la televisione che si intitola Un Matrimonio su Rai1 che è molto bella, poi ho fatto un altro film Il Fulgore di Dony, un altro film Le nozze di Sara, per la televisione e poi ho fatto un altro film per il cinema Signor Diavolo, che è un horror. Pupi è un maestro dell'horror, così come è un maestro di vita. Chi non ha lavorato con Pupi non può capire. Lavorare con Pupi è un premio, è come prendere un oscar, per un attore perché quando parli con lui e ti fa entrare nel personaggio, capisci che stai imparando tanto. Ricordo Pupi, la prima volta che andai a provare una giacca, mi disse: "provati la giacca, ce ne sono tante qua nel laboratorio dei costumi". Chiaramente, istintivamente mi sono messo quella che mi stava meglio e mi disse: "No, perché tu devi fare un personaggio che si chiama Sisto. Se tu portassi quella giacca, quella giacca se la sarebbe messa Andrea Roncato, mentre Sisto si metterebbe quella là..." e mi indicò una giacca brutta, che mi stava male. In quel momento capì che se avessi fatto Sisto con la giacca che aveva scelto Andrea Roncato, ci sarebbe stato sempre un po' di 'Andrea Roncato' dentro al personaggio di Sisto, mentre con quella giacca io ero Sisto, non ero più Andrea Roncato. Di Andrea Roncato avrei usato il cuore, il modo di ridere, il modo di piangere, di pensare, di soffrire o di gioire, ma il personaggio era Sisto. Sono tante piccole cose, che ti fanno accorgere qual'è la differenza tra certi registi ed altri».


A cosa lavoravi prima della pandemia?
R:«A proposito del Furore di Dony, che ho citato prima, c'era un ragazzino giovane e bello che assomiglia a DiCaprio, che si chiama Saul Nanni, che ho avuto la fortuna di rincontrare adesso. perché dovrebbero uscire due miei film, a parte le serie che ho fatto in Francia per Netflix che si chiama La Mitomane recitata in francese. Stavano girando la seconda stagione, quando abbiamo interrotto per il Coronavirus, però dovrò ritornare in Francia a finirla con un'attrice francese molto brava che si chiama Marine Hands. Con  Saul Nenni ho fatto un film sempre per Netflix che uscirà insieme a Caccamo ed Isabella Ferrari che si chiama Sotto il sole di Riccione. Molto carina come cosa, infatti dietro c'è anche Vanzina, che ricorda l'atmosfera tipo Sapore di mare, però fatta modernamente da due grandissimi registi di videoclip, quindi con un modo moderno di lavorare e praticamente io ed Isabella, siamo la parte 'vecchia' del film perché interpretato da giovani. Interpreto un ruolo carino perché interpreto un vecchio bagnino, famoso in tutta la riviera famoso per essermi fatto tutte le donne, con la casa piena di foto di donne, modelle, miss che si trova alla sua età grande ad affittare camere per guadagnare soldi. Vengono due ragazzi a prendere le camere che affittavo e conoscendo di questa mia fama, iniziano a chiedere quella chi è, quell'altra chi è, però mi chiedono anche consigli, "come devo fare con quella", quindi si instaura un'amicizia tra me e questi giovani che però vengono a capire che di base ho avuto tutte le donne del mondo, ma vivo da solo senza nessuno e che questo non mi ha lasciato niente, solo dei ricordi di donne bellissime, però nella realtà sono una persona che non ha nessuno. Parlando con loro, mi viene da raccontare che in realtà una ci sarebbe stata ma stando con tre donne al giorno, me ne sono fregato e mi sono accorto dopo, quando lei se ne andata che sarebbe stata la donna della mia vita e che mi ero innamorato di lei. MI ritrovo da solo, col rimpianto di una donna che poteva essere l'amore della mia vita che ho lasciato perdere. Affezionati a me, si prenderanno la briga di andarla a cercare, per riportarmela. Una storia carina, dove ci sono le loro storie d'amore, le cose di mare, e ci sono cose che ricordano Sapore di sale. Tra l'altro c'è come apertura, per 'portarsi' a questo film, una serie tv su Netflix che parla di ragazzi di Rimini, so che sta andando molto bene,  speriamo che porti fortuna al film e che apra la strada al nostro film quando uscirà a giugno. Ho fatto anche un film molto carino con la Vukotic. La regia di Elisabetta Pellini una ragazza giovane, che ha avuto una bella idea di un film ad episodi, dove però ci sono episodi di tutta Europa: un episodio inglese, fatto da attori inglesi, uno tedesco, fatta di tedeschi, uno russo, cioè sono 5 episodi con attori diversi e girati in cinque nazioni diverse che tratta dello stesso argomento che si chiama selfie mania. L'episodio italiano l'ho girato con la Vukotic, ma non so quando uscirà, so che piace molto, credo che  avrà una distribuzione europea».

Amante del calcio e tifoso del Bologna...cosa ne pensi sul momento che sta vivendo la Seria A? Che idea ti sei fatto sulla possibile ripartenza del campionato?
R:«Sono tifoso del Bologna, orgoglioso di Mihajlovic, orgoglioso del Bologna e del pubblico bolognese anche se siamo sempre a metà classifica però devo dire che nonostante gli ottimi presidenti che ha avuto, costi quanto le valigette porta abiti che usano i giocatori della Juventus. Per quanto ha investito il Bologna devo dire che ha fatto bene. Il Bologna ha avuto dei guizzi, come quando prese Signori, Baggio, quando ha preso gente come Mihajlovic che credo sia una bandiera per il calcio e per lo sport italiano e mondiale per l'esempio che dà. Delle volte si può essere orgogliosi non perché si vince una partita ma perché c'è un allenatore come Mihajolovic. E' sempre un bel 'biglietto da visita' per una squadra che ha personaggio come Sinisa Mihajlovic. Per quanto riguarda la ripresa del campionato, purtroppo sai tutte le categorie sono in crisi quindi secondo me il campionato può essere un grosso problema per le squadre, società, per il pubblico che vive di calcio in Italia. Molta gente che non vede l'ora di arrivare alla domenica per andarsi a vedere la partita che magari la ripaga delle sofferenze, di tutte le fatiche durante la settimana, capisco che è molto importante. Questa pandemia, però, credo che ci ha anche insegnato che è molto importante anche un semplice infermiere, che ci salva la vita piuttosto che un grande calciatore plurimiliardario che segna il gol. Forse ci ha insegnato anche che ci sono altri valori oltre ai giocatori di calcio e forse ci ha insegnato che non è neanche tanto giusto che c sia chi prende tanti milioni al mese e ci siano certi infermieri o dottori che per 'poche lire' hanno salvato la vita di tanti. Credo che questo sia forse un altro degli insegnamenti buoni che può aver dato la pandemia. Spero che il calcio ricominci, anche se noi bolognesi amiamo il calcio ma vogliamo anche la pallacanestro. Siamo tifosi della pallacanestro. Siamo stati la patria di squadre mondiali alla Virtus, che per anni è stata campione d'europa, quindi per noi è importante anche la pallacanestro, non soltanto il calcio. Per quanto mi riguarda anche la pallavolo femminile perché mi piacciono i sederi altri».

Come hai vissuto la quarantena? In cosa t ha 'cambiato'?
R:«Molti dicono che 'saremo più buoni' dopo la pandemia, 'saremo migliori'. No non saremo più buoni, l'uomo è sempre una testa di cazzo e così rimarrà nella vita. Saremo più consapevoli, forse, avremo un po' più di rispetto per la natura, per le piccole cose. Il fatto che hanno riaperto i bar, esci per andare a prendere un caffè al bar, che era una cosa normale che facevi dalla mattina alla sera quando stavi fuori, adesso pur di dire vado a prendere un caffè al bar, vai dentro, prendi il caffè, te lo gusti fuori, te lo bevi lontano dal bar perché non si può bere li,  altrimenti è assembramento, eppure te lo gusti perché sei riuscito a prenderti un caffè fuori. Questo ti fa capire che le cose normali che facevamo, in realtà hanno un grosso valore quando non ci sono più. Può darsi che quando potremo tornare nella sala cinematografica,  forse avrà un altro valore, avrà valore come quando andare al cinema era un premio, quando si riuscirà ad andare in un ristorante in una tavolata, stare vicini e parlare forse guarderemo meno il telefonino ed approfitteremo del fatto di stare con gli amici per dirci due cose, su questo forse ci migliorerà. Dico sempre forse, perché abbiamo visto che con questa pandemia di certezze non ne abbiamo, quando abbiamo le certezze impiegano un attimo a crollare tutte».

Che differenza hai riscontrato tra la lavorazione dei film in Francia ed in Italia?
R:«In Francia è tutto in francese, quindi ti devi sapere bene la lingua, per i francesi non ti fanno passare niente, un accento sbagliato te lo correggono. In Francia il film è più commedia, spesso lo potresti fare in un palcoscenico di teatro e quindi abbastanza 'viveur', è più teatrale rispetto a quello italiano è più azione delle volte. La maggior parte dei film francesi, in realtà vengono da una commedia oppure se le vedi pensi che possano essere una bella commedia in teatro quindi hanno un dialogo più lungo dei film italiano, puntano più sul dialogo che sull'azione. A me piace molto, perché sono molto professionali, sono molto attenti alla lavorazione, quindi hanno un modo un po' diverso di fare cinema. Ripeto la differenza più grande è che i loro film sembrano una cosa che potrebbe andare benissimo in teatro. Chiudo dicendo una cosa...».

Dimmi pure Andrea…
R:«Mi piace il nome La Voce Grossa, i mi ha incuriosito il titolo La Voce Grossa, perché sarebbe bello che tutti noi, riuscissimo una volta nella vita a fare la Voce Grossa e cercare i diritti che abbiamo: la voce grossa in politica, la voce grossa sul lavoro, la voce grossa nella violenza contro le donne, la voce grossa tante volte quando servirebbe farla, che forse per mancanza di coraggio o di possibilità non riusciamo a farlo. La Voce Grossa contro tutte le sfighe del mondo. Auguro a tutti di fare la voce grossa anche contro le conseguenze disastrose che lascerà questo Coronvirus, quindi rialziamoci e facciamo la voce grossa contro il mondo e ce la faremo».

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