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La Voce Grossa di…Marianna Caldareri(intervista):«”Donnavventura”? Mi ha regalato nuovi occhi per osservare ed ammirare il mondo…»


Di Redazione – L’ospite di quest’oggi arriva dalla bella Sicilia, da Acireale per la precisione, anche se poi i suoi studi l’hanno portata a trasferirsi a Milano dove ha conseguito una laurea in interior design e scenografia.

È stata tra l’altro tra le protagoniste dell’edizione 2018 di “Donnavventura”, infatti proprio l’amore per i viaggi emerge dal suo profilo Instagram – dove può vantare più di 50.000 followers – dove mari, monti e panorami mozzafiato fanno bella mostra di sé.

Nel nostro spazio dedicato alle interviste quest’oggi la voce di Marianna Caldareri.

Marianna innanzitutto benvenuta quest’oggi nel nostro spazio, come stai?
R:« Eccomi!! Ciao a voi e grazie per avermi invitata!Beh, mi sento come un leone in gabbia, in attesa di sfondare questa barriera invisibile. Sensazione facilmente condivisibile con molti di voi immagino. Però mi sento arricchita di energia. Pura».

Nell’intro sopra ho fatto riferimento a “Donnavventura” esperienza di due anni fa, cosa ti ha lasciato un esperienza come quella?
R:« Ecco, in realtà esperienza iniziata 3 anni fa  ( nel 2017) con la mia prima spedizione che mi ha portata, per ben 100 giorni, alla scoperta del Kenya, dell’Etiopia, di Zanzibar, del Mozambico ed infine.. delle Maldive! E sicuramente ancora non terminata, perché in questi 3 anni sono partita ben 5 volte con loro ( 3 volte per la spedizione lunga e 2 volte per gli spin-off “green” e “Summer beach” con il quale siamo andate in onda proprio domenica scorsa e continueremo la prossima ). Sono rientrata a dicembre scorso dall’ultima tappa! Che dire a riguardo.  È un viaggio che mi ha totalmente cambiata, mi ha fatta crescere, e mi ha fatta diventare donna. Mi ha regalato nuovi occhi per osservare ed ammirare il mondo e soprattutto ragazze fantastiche con le quali si è creato un legame indissolubile. Perché, non so se sapete che tra le regole dell’infinito regolarmente di Donnavventura c’è proprio quella di non dover avere il telefono. Quindi, per 100 giorni, salvo proprio un paio ( letteralmente 2 ) di volte , non si hanno contatti con la famiglia e di conseguenza la tua famiglia diventa quella che hai lì. Ed è una cosa meravigliosa!».

Quale fu il motore che ti portò a vivere quei giorni lì?
R:« Il motore, se devo essere proprio super sincera, è stato solo ed esclusivamente il destino. Mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto. Senza aver mai neanche pensato, prima di quel momento, di poter intraprendere una strada del genere! E poi, mi è cambiata la vita».

Dei tanti posti in cui sei stata quale è stato quello che  in assoluto ti ha lasciato quel qualcosa in più dentro di te?
R:« Questa è una domanda che soffro parecchio, perché io m’innamoro sempre di qualsiasi paese visito.  Però vi rispondo con il primo posto che mi è venuto in mente. ETHIOPIA, DANKALIA.

E mi piacerebbe allegarvi un pezzo del reportage che scrissi proprio quei giorni lì.. 

“ Siamo partite dalla regione del Tigrai, nella zona settentrionale del paese ad un’altitudine che si aggirava intorno ai 2600 per scendere, in poche ore, fino a raggiungere 0 mt dal livello del mare, ed ancora…superarli, fino a toccare i -147. Si.. eravamo sott,’acqua…in tutti i sensi! La temperatura iniziava ad aumentare vertiginosamente, mentre con la carovana ci dirigevamo verso quello che doveva avere una parvenza di un campo base. Attorno alle nostre auto non si vedeva nulla, forse non avevo mai visto un territorio così sconfinatamente vuoto, dalla cromia indifferenziata di terra essiccata e polvere che si alzava al passaggio della ruota. Dopo qualche km, in lontananza si vedeva un cumulo di strutture create con legni poggiati verticalmente e orizzontalmente tra loro, mi ricordava molto il gioco “Shangai”, con quegli stuzzicadenti poggiati in maniera del tutto casuale. Occhi curiosi ci spiavano dalle fessure.

Inaspettatamente le auto si fermarono ed è stato proprio in quel momento che abbiamo realizzato di essere arrivate al nostro bivacco.

Aperto lo sportello, siamo state letteralmente invase da un vento che sembrava bruciasse le parti del corpo scoperte, la temperatura sfiorava i 50° C. Come avremmo fatto? Erano solo le 11 di mattina. Eravamo al villaggio degli Afar, una popolazione che abita queste terre da molti anni. Le condizioni erano veramente estreme, non c’era né acqua né luce. La nostra doccia consisteva in 3/4 mini secchiate d’acqua a fine giornata e per caricare le nostre attrezzature, tra pc, carica batterie delle macchine, droni, Gopro e tutto quanto, utilizzavamo un sobrissimo generatore da inquinamento acustico!

Dopo pranzo, iniziammo ad incamminarci verso il Dallol.

Distese di sale lunghe centinaia di km stavano sotto i nostri piedi, mentre le auto si muovevano apparentemente senza un senso dell’orientamento in questo deserto bianco. Il caldo si faceva torrido ed in lontananza si vedeva una macchia scura, che pian piano diventava sempre più grande. Iniziava proprio da lì la lunga camminata verso quello che sicuramente non avremmo mai immaginato. Ogni passo ci procurava un senso di stupore incontrollabile. Lì non importava quello che avevi attorno… il collo era sempre rivolto verso il basso ad ammirare le meraviglie che esistono solo in natura. Minerali che fuoriuscivano dalla crosta terrestre sotto forme sempre diverse allietavano i nostri occhi. Un paradiso per i geologi, una goduria per noi che non potevamo che rimanere a bocca aperta. Ogni 10 passi cambiava tutto quello che avevamo sotto i piedi, continuamente... colori, forme, materia.

Eravamo in un posto magico, sembrava di essere su un altro pianeta.

Bianco intenso, giallo solfureo, ocra acceso… ed ancora verde smeraldo quasi fluorescente… questi erano i colori che s’intervallavano continuamente, facendo si che lo scenario cambiasse costantemente. La crosta era bollente, emanava un calore che, unito a quello del vento ti faceva respirare a fatica. La testa girava e la pressione stentava a stare ferma.  Eravamo vicinissimi al cuore della terra, stando in silenzio si poteva anche sentire il ritmo con il quale tutto ribolliva, sembrava apparentemente immobile ma sotto i nostri piedi fiumi di magma incandescente scorrevano. Dovevamo fare molta attenzione a dove mettere i piedi… Arata, la nostra guida locale, ci spiegava che le zone dal colore più scuro erano quelle più sottili e che c’era il rischio che si spaccasse la crosta. E diciamo che era l’ultima cosa che ci voleva in quel momento. Al tramonto, rientrammo al campo base. Un vento tremendo rendeva difficile anche tirar fuori le schede dalle macchine fotografiche per scaricarle, l’unica soluzione fu di chiuderci dentro le auto per evitare che la sabbia entrasse all’interno di tutte le apparecchiature elettroniche. Le gocce di sudore cadevano costantemente sul collo formando macchioline che si dilatavano sugli indumenti, dovevamo sbrigarci.

Cena veloce e via con la doccia… ops, scusate! Via con le secchiate d’acqua per togliere giusto la terra.

Il momento della buonanotte era vicino. Ci avevano preparato delle brandine, la cui struttura in legno era legata e tenuta ferma da treccine di paglia, per creare il “materasso”. Il tutto sotto le stelle. Era la prima volta per me. Il caldo continuava ad essere eccessivo, si sfioravano i 35° C ma fortunatamente il vento riusciva ad asciugarci il sudore di dosso. Ci avevano anche fornito uno pseudo sacco a pelo leggerissimo in seta, per questioni igieniche, visto che quel luogo era tutto tranne che pulito. Mi sentivo un bruco all’interno del baco. Insomma, la seta era anche un elemento in comune. Per girarmi dovevo quasi prendere la rincorsa con tutto il corpo sennò rischiavo di rimanere bloccata. Sembra comico adesso, ma in quella situazione non lo era affatto. E con il cielo stellato sopra la testa, le cicale che allietavano i minuti che precedevano il crollo mentale ed il vento, impetuoso, che però forniva un minimo di “refrigerio”, chiudiamo qui la nostra prima notte al campo.

La sveglia avvenne in maniera del tutto spontanea, sia per il caldo che per la luce, intorno alle 5:40. Dovevamo andare a cercare le storiche carovane del sale e dovevamo soprattutto sbrigarci perché l’alba è il momento migliore per trovarle.

Si tratta di carovane infinite di cammelli, che partono dal paese più vicino, ogni notte, per arrivare nell’infinita piana del sale. Le sagome all’alba erano veramente meravigliose. I visi stanchi dei cammellieri facevano da quadretto a questa realtà davvero antica. Sembrava di essere in un'altra epoca. Più avanti, gli intagliatori e gli scavatori staccavano dal terreno questi enormi blocchi di sale per modellarli, rigorosamente a mano, in maniera del tutto omogenea.

Eravamo nel punto di unione di tre placche tettoniche, quella somala, numidica ed arabica, nel bel mezzo di una dorsale oceanica, dove secoli fa scorreva un oceano prosciugatosi dall’eccessivo caldo. Quello che ne rimaneva era quest’infinito mare di sale che scendeva verso il profondo della terra per 3 km nelle zone più spesse. Sembrava un paradiso, soprattutto all’alba, quando il cielo aveva questo colore azzurro tenue che si fondeva con il bianco candido del sale.

Dancalia, una terra di contrasti. Un paradisiaco inferno, un ghiacciaio bollente, con una cromia che dal porpora sfuma in un bianco assoluto. La più ostile ma di certo la più emozionante, suggestiva ed incredibilmente connessa. “

Penso che abbia reso l’idea.

Marianna, gli scatti di Instagram ci dicono del tuo grande amore per i viaggi, cosa cerchi ogni qual volta fatta la valigia arrivi in un posto nuovo?
R:« Cerco qualcosa di nuovo. Studio sempre prima di partire, soprattutto quando vado a visitare luoghi con culture e tradizioni molto lontane dalla nostra. E mi piace entrare in sintonia con il posto, con la gente, e creare connessioni con l’ambiente circostante. Poi, sarei ipocrita se non citassi il mare. Quello lo cerco in ogni viaggio ! Ho un particolare legame.. è la mia vitamina!».

Cosa dovrebbe rappresentare il viaggio nella vita di un uomo?
R:« Il viaggio è il pane per i curiosi.. rappresenta scoperta, rappresenta diversità, consapevolezza e soprattutto conoscenza. Il viaggio è la cosa migliore che si possa fare durante la vita di un uomo. E non parlo solo di viaggi intercontinentali, magari proibitivi per qualcuno. Ma mi riferisco anche a 500km da casa propria».

Quanto sarà difficile per te in questo momento non poter fare valigie?
R:« Non voglio neanche pensarci. Ma dobbiamo farlo per il bene di tutti. Impareremo a scoprire la nostra Italia, che non ha nulla da invidiare a tanti altri meravigliosi luoghi nel mondo. Quindi magar , una valigia un po’ più piccolina, ma conto di farla al più presto».

Marianna aldilà di “Donnavventura” ci potranno essere in futuro altre esperienza in ambito televisivo?
R:« Sinceramente non mi sono avvicinata a questo mondo perché attratta dall’ambiente televisivo, come ho detto prima, è stata solo “fortuna”. Chiaramente mai mettere le mani avanti , chissà J».

Quali progetti bollono in pentola per il futuro?
R:«Ne bollivano tanti che sono stati temporaneamente accantonati, e.. in attesa di poterli rispolverare, magari con un po’ di creatività salterà fuori qualcosa!».  
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