La Voce Grossa di…Don Claudio Gorgoglione(intervista):«#iorestoacasa, l’epidemia si vince combattendo anche il nostro egoismo»
Nicola
Ricchitelli – Sono giorni difficili, lo stiamo vivendo, leggendo, lo
raccontiamo, ce lo raccontiamo tra social e whatsapp, tra chiamate e
videochiamate.
Deserte
sono le strade – o per lo meno dovrebbero – ma vuote sono anche le chiese delle
nostre città.
Quartiere
Medaglie d’Oro di Barletta, parrocchia Buon Pastore, la voce è quella dell’amatissimo
don Claudio Gorgoglione, le sue parole ci raccontano quest’oggi il silenzio che
alberga i banchi della sua Chiesa, lì dove sentirai comunque su di te la
protezione di San Antonio da Padova, le sue parole ci raccontano il peso della
preghiera più che mai importante in momenti come questi.
Don
Claudio innanzitutto ti ringrazio per essere ospite del nostro spazio qui
quest’oggi, io partirei subito da un appello #iorestoacasa…
R:«“Io
resto a casa” è l’appello che risuona in tutta Italia. Più che un indicativo è
un imperativo che ci sprona alla battaglia. È questa l’arma più sicura per
combattere il contagio!».
C’è
qualcuno che vede tutto questo come una punizione Divina…
R:«La
Sacra Scrittura ci ricorda che “Dio non vuole la morte del peccatore ma che il
peccatore si converta e viva” (Ez 33,11). La morte ed il male - ci ricorda
sempre la Bibbia – sono entrate nel mondo per l’invidia del diavolo (Sap.
2,24). Preferisco fidarmi della Parola di Dio anziché delle accuse degli uomini
(di alcuni uomini) a Dio. Anzi, ogni accusa generalmente nasconde
un’autoaccusa; non vorrei piuttosto che questa sciagura sia una “punizione
umana”, un autogol fatto a noi stessi. Questo avviene proprio quando l’uomo si
dimentica di Dio e vuole occupare il Suo posto: da creatura si fa Creatore. Per
dirla in termini più laici: da assoggettarsi ai limiti del bene comune e delle
grandi leggi morali si rende tracotante superando queste con incoscienza».
Don
Claudio vedi i banchi della tua chiesa e pensi…?
R:«È
un colpo al cuore ma anche un grande insegnamento! Un colpo perché mi manca
celebrare il culto cristiano con la comunità. Ma anche un insegnamento, perché
mai avrei immaginato che il mondo si sarebbe potuto mettere in
standby ai nostri giorni, che noi “società 4.0” (sic!) ci saremmo potuti
fermare».
Come
stanno vivendo i vostri parrocchiani questi giorni?
R:«Tutta
la gente è provata da questa inaspettata esperienza. Alla comunità parrocchiale
cerchiamo di non far mancare il conforto della preghiera per il popolo e con il
popolo. In primis, attraverso tutto il buono che la tecnologia può offrirci,
mandiamo in streaming la Celebrazione Eucaristica ma anche altri momenti di
preghiera. Poi la prossimità alla gente, si realizza attraverso chiamate, video
chiamate e similari, fermo restando la disponibilità fisica (attenendosi alle
norme governative) per casi particolari e celebrazioni urgenti di sacramenti,
come Confessione, Unzione degli ammalati (specie se estrema) e Viatico».
Cosa
ti senti di dire loro in questo momento?
R:«Consegno
a tutti il motto paolino “omnia cooperantur in bonum” (Rm 8,28) ovvero “tutto
coopera al bene”, anche questa emergenza, se vissuta con fiducia e riflessione,
ci aiuterà a vivere meglio, con più gratitudine a Dio e rinnovato slancio nella
vita quotidiana che spesso può risultare grigia e abitudinaria».
E
per un sacerdote? Deve essere difficile non poter svolgere appieno il proprio
Ministero?
R:«Come
per tutti, anche per un sacerdote ci si sente provati nel sapere il gregge di
Dio nella prova e nella paura. C’ è il timore che qualcuno, (specie gli anziani e gli ammalati), non
possa essere raggiunto facilmente da una visita personale o consolato dalla
Grazia di Dio, operante nei Sacramenti. Spiace non poter celebrare fisicamente
con la comunità la Liturgia, e non incontrare l’entusiasmo di famiglie e
ragazzi che rendono bella e viva la parrocchia fatta di mattoni».
Aldilà
di tutto, mai come questo momento possiamo tornare e perché no, imparare a
spendere parte del nostro tempo per comunicare con Dio… quale la strada da
intraprendere?
R:«Ci
vuole coraggio! Coraggio di scommettere su Dio, di fidarci di Lui nella prova e
di non percepirlo come distante o castigatore. Coraggio di credere che tutti
noi, magari anche io uomo o donna che non ero abituato a comunicare con Dio e
pensavo ad altro nella vita, posso entrare in comunicazione con Lui. La strada
è la preghiera, anche quella semplice come il Rosario, ma fatta con fiducia in
Dio e raccoglimento interiore. Ecco: fiducia, raccoglimento e umiltà».
Don
Claudio, le cronache storiche della nostra città ci dicono che in momenti come
questi i barlettani correvano al Santuario per portare il quadro della Madonna
dello Sterpeto in città…
R:«Fiducia
in Dio, per l’appunto, e confidenza nella intercessione della Vergine Maria e
dei santi, questo deve animare il cuore dei credenti sempre! E certamente
questo animava i nostri avi nel compiere il significativo gesto di portare la
tavola della Madonna dello Sterpeto in Cattedrale nelle calamità che si son
verificate lungo i secoli. Un gesto squisito, un aggrapparsi al manto
protettore della Madre, un atto che il popolo esigeva».
Potrebbe
essere fattibile questo gesto?
R:«Circa
la fattibilità, dovrebbe esprimersi il Capitolo Cattedrale in accordo con le
autorità civiche (certamente non dovrebbe esserci concorso di popolo nella
traslazione della Immagine)».
So
di sfiorare la paranoia ma chiudiamo come abbiamo aperto… perché #iorestoacasa?
R:«Nicola,
non voglio risultare ridondante o retorico, ma questa battaglia contro
l’epidemia si vince anche combattendo il nostro egoismo, e noi barlettani – io
pure – siamo un po’ egoisti. Restare a casa, lavarsi le mani, uscire solo nella
necessità rispettando le distanze e le normative, significa prenderci cura gli
uni degli altri. Facciamolo per chi rischia immeritatamente ma anche per noi.
Siamo accorti per volerci bene tutti!».