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La Voce Grossa di…Ray Morrison(intervista):«La mia fotografia? Va contro gli stereotipi… c’è spazio per tutti…ha una visione intimistica oltre che romantica»


Di Redazione - Raimondo Rossi, alias Ray Morrison, è un fotografo, stylist e art director perugino. Vive fra Perugia, Roma, e appena può Los Angeles. È seguito e stimato per la sua versatilità artistica. Come fotografo, segue un criterio preciso: i suoi ritratti o reportage sono rigorosamente senza Photoshop e con macchine fotografiche poco costose. Su Vogue Italia sono presenti decine di fotografie da lui scattate negli ultimi due anni.

Per lo styling personale è stato spesso inserito fra gli uomini da seguire per la moda uomo, a Firenze, a Milano, a Hollywood. Vogue, GQ, Getty Images, NZZ, GMARO ed altre riviste lo hanno fotografato   per   e   nei   suoi   differenti   modi   di   vestire,   o   scelto   come   “cover   man”.

Come art director (scrittura del progetto, scelta e coordinamento del team) prepara degli editoriali per delle riviste italiane o inglesi, editoriali con messaggi precisi e che cercano un punto di incontro fra la moda e altre discipline. Solitamente cura anche lo styling (in che modo vestire i modelli) dei servizi fotografici o dei video.  È presente come Fashion Editor con le riviste 3D Magazine, British Thoughts Magazine, Sir-K
Magazine, e, quando è possibile, dà spazio a personaggi interessanti nel suo sito fotografico www.thestyleresearcher.com.

Ray innanzitutto grazie per essere qui quest'oggi... Come stai?
R:« Grazie a voi, sto bene, stiamo uscendo dalla quarantena e questo è davvero bello. È un piacere essere qui con voi e grazie per la disponibilità».

Innanzitutto perché Raimondo Rossi ha scelto di chiamarsi Ray Morrison?
R:« Perché Raimondo ha sempre sofferto un’infanzia chiusa nella piccola città di Perugia, e ha sempre desiderato uscire e rompere i confini. Scegliere il nome di Morrison, il cantante dei The Doors, rappresentava per me un tributo a una persona che allo stesso modo, anche se in una maniera che si rivelò distruttiva, cercò di uscire da schemi rigidi, nella Los Angeles di alcuni decenni fa. Ray era già il soprannome con cui tutti mi chiamavano».

Dire Ray Morrison significa dire fotografia, quando hai  iniziato ad interagire con la macchina fotografica?
R:« Grazie per il complimento. Comunque credo di avere ancora tanto da imparare. Mia madre, quando andavamo in viaggio, era solita portare la macchina fotografica e quindi un pochino l’ho sempre avuta fra le mani, ma in realtà il primo corso professionale l’ho fatto sei anni fa. Ho avuto però la possibilità di fare tantissime esperienze, soprattutto nei backstage di moda. Poi sono passato alla ritrattistica».

Ricordi la prima foto?
R:« Una delle prime foto che ricordo è il tetto della stazione di Los Angeles. Alzai gli occhi per caso e vidi un’immagine molto bella. Fu selezionata da Vogue, e questo mi diede fiducia, perché ero riuscito ad unire la passione per Los Angeles con quella per l’estetica, unendole in una foto».

Da cosa si riconosce una fotografia di Ray Morrison?
R:« Potrei dire che di solito va contro gli stereotipi. C’è spazio per pelli non perfette, per corpi non magri, per visi senza trucchi, c’è spazio per tutti. C’è una visione intimistica oltre che romantica».

Un fotografo che non usa Photoshop una scelta in controtendenza rispetto alle tecniche moderne di oggi, cosa toglie il famoso software alla fotografia?
R:« Trovo davvero complicato usare Photoshop e rendere una fotografia un processo che dura ore ed ore. Credo si tolga tutta la naturalezza della foto. Amo Diane Arbus, questo dice molto».

Soprattutto da dove nasce questa scelta?
R:« Non c’è stato un programma particolare, è una cosa che è venuta da sola. Sicuramente mi piace vedere cosa riesco a fare semplicemente con l’intuito e senza Photoshop e stratagemmi di alta tecnologia. È molto stimolante».

Quanto è importante una sapiente scelta del mezzo fotografico quando si scatta?
R:« Non credo sia importante il tipo di camera che si usa. Tanto è vero che lo stesso Vogue seleziona anche fotografie fatte con iPhone. Perché quello che conta è cosa si mette dentro la​ fotografia. Credo però sia importante conoscere la camera che si ha a disposizione. Sapere cosa offre».

Cos’è per Ray Morrison la fotografia?
R:« Poter dare un ricordo alle persone che ritraggo o poter trasmettere una bella sensazione a un osservatore. Un ricordo che va a rimanere nella memoria della persona, o una sensazione che da energie ad un osservatore».

Tra i tanti scatti realizzati, quale quello su cui si perde spesso il tuo ricordo?
R:« Non ho uno scatto particolare a cui sono legato, ma sono molto legato al fatto di essere riuscito a fare degli scatti e dei ritratti molto particolari avendo solamente un minuto a disposizione, senza luci giuste e senza preparazione. Questi sono ricordi che hanno contribuito a formare la mia personalità fotografica».

Ray in quali progetti ti vedremo impegnato in futuro?  
R:« Mi piace molto associare a un servizio fotografico anche un servizio video. Credo che molti personaggi, soprattutto quelli più famosi, abbiano bisogno di essere ritratti in foto e video in maniere più interessanti e di spessore di quelle che solitamente i media propongono. Dovrei lavorare a due progetti proprio su questo tema».

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