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La Voce Grossa di…Carlo Pellegatti(intervista):«Berlusconi? Ha cambiato la mentalità del calcio italiano»


Piero Chimenti - La pagine del La Voce Grossa, si tinge di rossonero perché abbiamo il piacere di intervistare Carlo Pellegatti, grande tifoso del Milan. Il celebre giornalista sportivo, oltre a raccontarci del suo Milan, a cui è dedicato il suo ultimo libro: Milan i grandi calciatori, ha analizzato per noi il cammino nei gironi delle squadre italiane impegnate in Champions, con alterne fortune. Da grande esperto di calcio, Pellegatti non si è sottratto al commento sulla riforma del calcio europeo che avverrà con l'allargamento della Champions League, che avverrà nella stagione 2024/2025. 

Secondo te, analizzando le prime giornate dei gironi, dove possono arrivare le italiane in Champions?

R:«Per quello che riguarda la Juventus, dovrebbe essere una lotta a due per arrivare primi tra Juventus e Chelsea, visto che il Malmoe e Zenit dovrebbero essere un gradito sotto. Per quel che riguarda l'Atalanta il successo contro il Villarreal è importante. Lì c'è una lotta a tre perché il Villarreal è una squadra solida, il Manchester United è il Manchester e l'Atalanta è l'Atalanta. Questo è il girone più equilibrato. Doveva essere un girone più semplice per l'Inter che avrebbe dovuto giocarsi il primo posto col Real Madrid, ma la vittoria del Real al San Siro, il pareggio contro lo Shakhtar e soprattutto la vittoria dello Shariff che aveva anche con Shakthar sorpreso, rendono adesso il girone un po' più complicato. Rimangono favorite Inter e Real Madrid ma adesso la situazione si è complicata perché lo Shariff, la quarta forza, nessuno pensava che fosse addirittura prima. Per il Milan sapevamo già che fosse un girone di ferro, pur giocando una partita splendida in 10 contro 11 dell'Atletico Madrid, la verità è che adesso si trova a zero punti. L'unica speranza è di battere entrambe le volte, non è facile, il Porto al San Siro ed in Portogallo per sperare, però la situazione è molto complicata. L'espulsione di Kessiè e la decisione dell'arbitro hanno vanificato una bella prestazione».

Parliamo del Milan: Sacchi nel suo ciclo l'ha reso 'immortale', Capello 'invincibile': come si potrebbe definire il Milan di Pioli?
R:«Li ho sempre chiamati “I sorprendenti” di Stefano Pioli, perché è una squadra, che sorprende a cui nessuno da molto credito e nonostante il poco credito gioca bene. E' una squadra organizzata, motivata, dalla chiara identità di gioco e quindi 'I sorprendenti' di Stefano Pioli».

Donnarumma e Calhanoglu sono andati via da svincolati: Maldini ha fatto bene a non cedere ai 'ricatti' dei procuratori?

R:«Diciamo che il Milan ha offerto quello che riteneva opportuno per i due giocatori. Secondo la mia sensazione - non ho nessuna verità - Donnarumma non voleva in ogni caso rimanere, anche se la cifra fosse cambiata. Calhanoglu se non ci fosse stata la disgrazia - per fortuna una tragedia evitata - di Eriksen probabilmente sarebbe rimasto al Milan perché non credo che avesse le offerte che chiedeva a livello di ingaggio. L'Inter si è trovata scoperta ed è andata a prendere un giocatore funzionale per i suoi progetti. Non è una questione di ricatto o meno, il Milan fa delle offerte importanti, se questi giocatori non li vogliono accettare non li possono costringere. Oltre una certa cifra il Milan deontologicamente non può andare. Certo che se a tutti offrisse 25 milioni di euro, rimangono tutti ma il Milan non ragiona così».

Kessié rinnoverà?
R:«Su Kessié sono moderatamente pessimista, salvo sorprese. Romagnoli anche poi vedremo se qualcosa cambierà».

Nella stagione 2024/25 la Champions cambierà pelle allargandosi a 36 squadre in un campionato unico. Cosa ne pensi di questa riforma? potrà rispondere alle esigenze dei club 'ribelli' che avevano dato vita alla SuperLega?
R:«Mi sembra che siano due cose diverse, perché questa riforma immette altre squadre e quindi di minore livello. La SuperLega voleva, invece, fare un campionato di élite dove il pubblico fosse affascinato dai grandi scontri. Sono due filosofie diverse ma mi sembrano opposte».

Questo braccio di ferro tra Uefa e club ribelli come andrà a finire?
R:«Mi sembra che per adesso sia già finito, nel senso che il Tribunale spagnolo ha intimato la Uefa di non dare multe o di non prendere provvedimenti con le tre e con le altre che se avessero già pagato, togliere eventuali ammende. Qui situazione si è chiusa, se poi, in futuro, ci siano delle possibilità, io non lo so, però sembra che l'idea della Uefa sia quella di estendere la possibilità ad altre squadre di giocare la Champions League, poi c'è il rischio che una squadra direi importante vada a giocare contro una squadra di una piccola nazione una cosa molto bella ma lo stadio è vuoto».


Parlando del Diavolo non si può non citare Berlusconi, che ha compiuto nei giorni scorsi 85 anni. Al di là dei trofei, cosa ha portato al Milan durante sua presidenza?
R:«Indipendentemente dai trofei, diciamo che lui e Sacchi, all'inizio, ha cambiato la mentalità del calcio italiano, cioè il calcio deve vincere ma soprattutto convincere, deve coniugare il bel gioco al risultato. Il presidente Berlusconi ha dato una svolta importante al calcio italiano e poi ovviamente è diventato, ancor di più, il Milan ammirato in tutto il mondo per le vittorie e per come siano arrivate. Per entrare nella leggenda non basta vincere. Il Psg potrà vincere tutto ciò che vuole, ma conta la filosofia di giocare, di interpretare la gara, è stato quello che ha portato Berlusconi in questo abbinamento spettacolo, divertimento e risultati. Solitamente arrivano o uno o l'altro, difficilmente tutte e due le cose».

Hai scritto il libro “Milan i grandi calciatori": ci vuoi raccontare un aneddoto che ti lega a questi campioni?
R:«Un aneddoto non è possibile, perché partiamo da giocatori degli anni '60, per poi spostarci a giocatori degli '70,'80,'90, tanti anni che seguo il Milan. Il fil rouge che unisce questi giocatori nasce dai tempi di Nordahl, Schiaffino, dalla presidenza Trabattoni e Andrea Rizzoli. Diciamo che il Milan è stato molto bravo perché come una staffetta virtuosa, è sempre riuscito a trasmettere i valori di classe, di stile, di educazione in tutti questi anni, ovviamente sempre con delle eccezioni che possono sempre capitare, ma il fil rouge è questo, anche il Milan di oggi con Maldini, Massara, con la proprietà, con la società, con Pioli, che è un allenatore molto composto ed educato oltre per le qualità tecniche, le sue qualità e le sue conoscenze mi sembra che il Milan continua con quel filone degli anni 50', fine anni '40».

Sei un giornalista grande tifoso del Milan. Come nasce questa passione per i rossoneri?
R:«E' una passione ereditaria, perché mio padre mi portava fin da piccolo a vedere il Milan tutte le domeniche, quindi è venuta naturale. Io e lui andavamo tutte le domeniche al San Siro e quindi mi sono appassionato. E' proprio la classica passione ereditaria. Un saluto a tutti i lettori de La Voce Grossa. Un abbraccio».

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