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La Voce Grossa di…Michele Chiariello(intervista):«La sclerosi multipla voleva togliermi il mio amore per il calcio…gli insegnamenti di Gattuso e l’amore della mia famiglia mi hanno riportato su quel campo»


Nicola Ricchitelli - Questa è la storia di Michele Chiariello, nato a Barletta - nella città del grande Pietro Mennea, cosa che rimarca con orgoglio - ha 42 anni, grandissimo innamorato del calcio e del suo Milan, grazie a suo padre Francesco che gli ha trasmesso questa passione.

Ha iniziato a giocare a calcio all' età di 6 anni, la sua prima squadra è stata la Polisportiva Futura di Lello Giannini, il quale gli ha insegnato l' abc del calcio e a credere in se stesso, il suo ruolo è sempre stato il mediano di rottura come il suo mito, il suo mentore, nonché grande amico, Gennaro Gattuso.

Sostanzialmente cresci sui campi di calcio di Barletta…
R:«Si…Ho fatto tutta la trafila nel calcio giovanile qui a Barletta, ho giocato nel Borgovilla di mister Alessandro Vitobello, per poi passare nell' Olimpia del presidente Alfarano che mi ha voluto fortemente in squadra, e dove ho affinato maggiormente il mio ruolo di mediano alla Gattuso».

Poi arriva il calcio a 5…
R:«Esatto…Dopo queste bellissime annate, ho deciso di fare un cambiamento drastico nel mio percorso di crescita. Ho iniziato con il calcio a 5 e mi fu presentata l' occasione di giocare nel Cristian Barletta del presidente Antonio Dazzaro, nel campionato di serie B di under 21. Il nostro allenatore era Maurizio Nanula, il professore, attuale preparatore dei portieri del Barletta».

Che anni sono stati quelli là…?
R:« Furono due anni fantastici. Due anni costellati di tante vittorie. Due anni vissuti con un gruppo di persone e amici fantastici. Eravamo tutti alla prima vera esperienza di calcio a 5, c'era tanta voglia di imparare tecniche, movimenti, regole del tutto sconosciute fino a quel momento. La nostra casa, il nostro tempio, le nostre mura amiche, il nostro campo era l'Oratorio dei Cappuccini, che all'occorrenza la domenica diventava come "la BOMBONERA" di Buenos Aires».

Qualche ricordo che ti porti particolarmente dentro?
R:«Ricordo con particolare emozione, l'unico gol da me fatto in quei due anni, un Cristian Barletta - Modugno, dove la posta in palio era veramente alta, chi vinceva, accedeva alle fasi finali, ed il mio gol valse ad una grande vittoria».

Poi arriva un rigore a rovinare tutto…
R:«Dopo la parentesi Cristian Barletta, avevo voglia di mollare, di lasciare tutto, troppo grande la delusione per quel "sogno" svanito per colpa di un maledettissimo calcio di rigore. Ma dopo una piccola pausa di riflessione, la voglia di ritornare a correre su di campo verde, un campo di una sperduta periferia, dove le linee sono tracciate tutte storte e le porte divelte, era talmente tanta che accettai la proposta del MONTALBANO JONICO, una squadra della Basilicata (in provincia di Matera) che giocava il campionato di eccellenza. Ogni giorno percorrevo 190 km in macchina con gli amici Lo Re, Biancofiore e Cantatore, per raggiungere il campo di allenamento. Solo per pura passione. Inverni rigidi, freddissimi, allenamenti sotto la neve...».


In questi giorni qua inizi ad accorgerti che qualcosa non va…
R:«Si, i colpi alle caviglie cominciavano a fare più male. Però, incurante di quello che stava per accadere nella mia vita, della bomba che sarebbe esplosa da lì a poco, continuavo a giocare, a battagliare, a non mollare. La mattina studiavo, frequentavo l'università a Bari, e il primo pomeriggio prendevo la macchina e raggiungevo la squadra…».

Arriviamo dunque all’anno 2005/2006…gli anni dei cattivi pensieri…
R:« Era l'anno 2005-2006. L'anno del vorrei ma non posso. L'anno dei cattivi pensieri. L'anno del " cosa mi sta succedendo". E poi il buio, l'oblio, l'annus horribilis, il mio 2006, l 'anno che mi hanno diagnosticato la sclerosi multipla e quindi a 27 anni sono stato costretto a lasciare il calcio, quello vero».

Come hai vissuto quei momenti?
R:«Fu un colpo al cuore, un contraccolpo psicologico che sono riuscito a limitare solo grazie all' amore della mia famiglia, della mia fidanzata e attuale moglie, Maria Giulia, e grazie all' insegnamento del mio mito Gattuso, al suo non mollare mai, al suo combattere sempre, a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e quindi pian piano mi sono rialzato da questa grande batosta, e finalmente dopo tanti sacrifici, tanti pianti, tante battaglie interiori, finalmente nel 2018 ho rivisto la luce».


In che modo sei ritornato a vivere?
R:«Con nuove cure fatte di sana alimentazione, assunzione di vitamine, integratori, mi hanno fatto svoltare, e a settembre scorso ho rimesso piede nuovamente sul prato verde, ho ripreso in mano la mia vita e son tornato a giocare in maniera amatoriale, ma ho vinto la mia battaglia, la sto vincendo, e tutti i giovedì al santuario partitone con gli amici».

In che ruolo giochi oggi?
R:«Adesso faccio l' attaccante, mi diverto a segnare e a portare a casa il pallone con le mie triplette, io che nella mia carriera ho fatto solo 1 gol, ora faccio il goleador…».

La tua storia tra l’altro è diventato un libro…
R:«Esatto. Nel giugno scorso ho scritto un libro, pubblicato su Amazon, dove tutto il ricavato lo sto devolvendo all’ Aaism, e cerco di aiutare chi è meno fortunato di me, chi non ha avuto la mia stessa forza…»

Come vedi il tuo futuro?
R:« Che dire, io non mollo, non mi arrenderò' mai finché Dio vorrà, sono una persona molto credente e penso che quello che mi è successo nel 2006 non è venuto per caso, “Never give up” oggi non è solo un motto ma è il mio stile di vita».

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