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La Voce Grossa di…Silvia Franchini(intervista):«Donne e motori? Bisogna continuamente difendersi da atteggiamenti maschilisti»


Nicola Ricchitelli – La Voce di quest’oggi arriva dal mondo delle corse e altresì da L’Aquila, arriva nello specifico dal mondo del rally. Ha sempre mostrato una spiccata passione per le auto ed i motori. Nata da padre commerciante di auto e madre insegnante di matematica, ha faticato non poco per poter praticare la propria passione. A 18 anni ha acquistato un kart quasi di nascosto alla sua famiglia, alternando la scuola al lavoro serale presso una pizzeria della zona. Un grave incidente automobilistico avuto nel 2006 a bordo della sua Peugeot 106 xsi ha fatto da stop forzato ai suoi sogni, così come il terremoto del 2009 che ha colpito la sua città natale che l'ha costretta ad abbandonare la casa, la città ed i sogni fino al 2014, anno in cui ha partecipato alla prima edizione di " Rally Italia talent" arrivando in semifinale tra 3500 iscritti a livello nazionale.

Oggi su La Voce Grossa la voce di Silvia Franchini.

La prima domanda di questa intervista nasce un po' da sé, come matura la tua passione per il mondo dei motori?
R: «La passione per le auto e per i motori è nata abbastanza presto nel corso della mia vita. Mio padre è stato un imprenditore nel settore automobilistico e occupandosi di compravendita di auto ha fatto in modo che io scoprissi questo mondo facendo scoccare in me la scintilla della passione. Una scintilla che è diventata sempre più forte fino a farmi desiderare non solo di vivere le auto per lavoro ma anche di guidarle».

Una passione così forte che ti porta ad acquistare un kart di nascosto ai tuoi genitori, cosa rappresenta oggi quel gesto e quel kart?
R:« Il primo kart non si scorda mai (ride).. scherzi a parte, in famiglia non erano molto d’accordo sulla scelta di farmi guidare un kart per i costi ma soprattutto per la pericolosità e le difficoltà connesse non solo al mezzo in sé ma per tutto ciò che ruota intorno ad esso. Inoltre essendo stata sempre piena di interessi credo di non aver comunicato in modo incisivo quanto fosse importante per me iniziare a correre. Dentro di me sapevo che quella era e sarebbe stata sempre la mia unica vera passione. Così alternando gli studi al lavoro ho iniziato a mettere da parte qualche soldo fino a raggiungere la cifra per acquistare un kart. Lo portai a casa trasportandolo sull’auto del fidanzato che avevo all’epoca e suonai il clacson fuori alla porta di casa. Uscirono i miei genitori e gli vennero le lacrime agli occhi. È stata una scena fantastica. Quel kart è stato il simbolo della determinazione e della caparbietà che mi hanno sempre contraddistinto».

Quanta diffidenza vi è stata inizialmente nei tuoi confronti?
R:« Le persone fanno molta fatica ad accettare che non sempre si debba vivere rispettando gli stereotipi e il retaggio culturale a cui sono abituati. Gli stereotipi sono la sicurezza di tante persone nel credere che abbiano raggiunto qualche certezza nella vita quindi questo crea diffidenza nel momento in cui per qualche motivo ti vedono come una distruttrice di convenzioni…Ero una ragazza arrivata dal nulla nel mondo dei kart ed in più con il mio aspetto piccolino e dolce non comunicavo di certo l’appartenenza al gruppo degli uomini dalla guida aggressiva. Ogni volta che mi vedevano alla guida, invece, iniziavano a ritrattare i loro pensieri ed iniziavano a parlarmi e considerarmi pian piano parte del gruppo. La diffidenza iniziale è sempre stato un duro scoglio da affrontare ed anche oggi le ragazze che vogliono entrare a far parte del moto sport hanno difficoltà a percorrere la loro strada».


Da cosa si devono difendere quindi le donne che vogliono avvicinarsi al mondo dei motori?
:«Una delle verità che difficilmente si accetterà è che le donne che vogliono fare delle corse automobilistiche la loro passione - a meno che non abbiano un bel budget di famiglia o qualcuno di fidato che le segua nel percorso - devono continuamente difendersi da atteggiamenti che considero davvero maschilisti. A mio parere però, non è così che si diventa forti. Essere piloti significa anche avere carattere e nel mio dizionario questo non va d’accordo con la parola sottomissione. Tra i podi che ho raggiunto ce ne sono tanti che non si vedono perché rispettano valori e morali che ritengo più importanti del resto».

Un incidente automobilistico nel 2006 rischiò di compromettere il tuo percorso in questo mondo, cosa ricordi di quei momenti?
R:« Si, nel 2006 durante una delle prime sere di gennaio ho avuto un incidente con la mia Peugeot 106xsi. A causa della velocità e una lastra di ghiaccio nascosta nella percorrenza di un curvone, ho perso il controllo dell’auto e sono andata a schiantarmi conto un albero. In quel momento è stato come se qualcuno avesse spento le luci sulla mia vita. Ricordo il silenzio ed il buio che sono intercorsi nella frazione di secondo che ha anticipato la botta prima che perdessi i sensi. Ero semicosciente quindi non ho una perfetta nitidezza delle immagini, ma ricordo in lontananza il rumore di tante sirene e la voce di qualcuno nell’ambulanza che mi diceva di non addormentarmi. Poi il momento in cui di corsa mi hanno steso sul lettino del pronto soccorso e mi hanno salvata. Sono stata molti giorni in ospedale poiché ho riportato varie fratture oltre al trauma cranico. Però devo dire che in fondo sono stata fortunata. In quei giorni ho avuto modo di comprovare l’amore che prova per me la mia famiglia, poi in ospedale ero diventata la mascotte del reparto di ortopedia e mi hanno fatta sentire amata nonostante il percorso da affrontare sia stato comunque lungo e difficile. Ho impiegato circa due anni e mezzo per riprendermi pienamente fino a potermi operare una seconda volta per togliere i chiodi che mi avevano messo nella gamba. Durante quel periodo ho scoperto di nuovo quanta forza ognuno di noi ha senza neanche saperlo e la cosa bella è che c’è ed arriva nel momento della necessità».


Poi arrivò il terremoto de L’Aquila nel 2009…
R:«Esatto, lo stop forzato alla mia passione è durato molto più del previsto anche a causa di un altro tragico evento che ha colpito tutta la città ed è stato il terremoto dell’Aquila del 2009. Anche lì ci sono voluti anni per tornare ad una vita apparentemente tranquilla. È passato del tempo ed ormai credevo perduta totalmente la possibilità di vivere i miei sogni».

Succede poi che partecipi ad un talent sui motori…
R:«Si, quell’occasione mi ha dato la possibilità di esordire finalmente come pilota del 2016. Un talent scoperto per caso online in cui selezionavano coloro che secondo gli istruttori qualificati possedevano qualità e talento nella guida. Partecipai. Arrivai in semifinale tra 3500 iscritti in tutta Italia. Una grande soddisfazione anche se la mia esperienza sembrò finire lì. In realtà fu l’occasione in cui mi seguì un grande istruttore di rally e a cui telefonai nel 2016 dopo essere uscita dal cinema ed aver visto “veloce come il vento”. Lui rispose e gli chiesi se potesse darmi qualche dritta per poter fare una gara. Mi diede il contatto dii un altro grande insegnate nonché pilota di rally che tempo venti giorni fece in modo di farmi esordire nel mio primo rally dopo avermi messa alla prova.


Poi arriva l’esordio nel 2016 nella disciplina con una Peugeot 106 nella ronde d'estate tenutasi a Courgnè, come hai vissuto quei momenti?
R: «Nel 2016 c’è stato finalmente il mio esordio nei rally. Per me era un sogno poter partecipare ed ho vissuto ogni momento come tale, pensando che probabilmente sarebbe stata la mia prima ed unica volta a poter avere la possibilità di sentirmi davvero una pilota di rally. Credo di aver provato le stesse sensazioni che ha provato Cenerentola nel poter andare al ballo del principe. Con la differenza che lei aveva una zucca che si è trasformata in carrozza mentre a me si è trasformata in una Peugeot 106 da rally😊».

Cosa rappresenta la corsa per te?
R: «La corsa per me rappresenta la rinascita, la materializzazione degli obiettivi e la felicità nel mettersi alla prova. È un insieme di sensazioni, tra cui passione ed adrenalina, che unito a determinazione, grinta, concentrazione, capacità di adattamento e resistenza, fa si che si raggiungano i traguardi nel mondo dei motori così come nella vita. La corsa è una sfida continua verso me stessa e il mondo e mentre lo faccio tutto ciò di negativo nella mia mente non esiste più».


Ve ne è una che a ricordarla ti dà ancora adrenalina?
R:« Ogni gara che ho affrontato mi ha lasciato con qualcosa da festeggiare o da cui imparare ma l’adrenalina la provo solo nel mentre della corsa».

Ti capita di avere paura nel mentre sei al volante?
R: «La paura è una cosa che non provo mai mentre guido o corro. Si ha paura quando non si è sicuri di ciò che si fa o non si è consapevoli della situazione. L’unica paura è quella di dover pagare gli eventuali danni».


A quale vittoria sei maggiormente legata?
R:« Ricordo con molto piacere la vittoria durante “la grande sfida” tenutasi a Torino nel 2019 poiché ho avuto modo di confrontarmi con altre donne al volante di vetture della stessa categoria e con gli stessi pneumatici per tutti. È stata una vittoria inaspettata e dal sapore così festoso che non lo dimenticherò mai. Un’altra gara che ricorderò sempre con piacere è stata quella del rally di Roma 2023 perché non solo è stato raggiunto un risultato straordinario, ma ho avuto l’occasione di correre in una gara organizzata a livello europeo ed in cui il centro nevralgico è stato Roma, una città che ho sempre amato».

Cosa c’è nel futuro di Silvia Franchini?
R: «Nel futuro di Silvia non so ancora cosa c’è scritto, ci sono molte idee e vedrò con il tempo quale potrò o riuscirò a realizzare. Grazie infinite per questa intervista, un saluto a tutti e buon Natale!».

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