Header Ads

La Voce Grossa di…Marco Amelia(intervista): «Cosa è mancato alla mia carriera? Tornare a vestire la maglia della Roma»


Nicola Ricchitelli – La voce di quest’oggi non è solo la voce di un campione, ma è la voce di un Campione del Mondo: «…non ha cambiato molto la mia carriera però hai la fortuna di aver ottenuto un risultato che pochi possono ottenere».

Nato all’incirca a 30 chilometri da Roma – a Frascati per la precisione – 42 anni fa, con la maglia della Lupa Frascati muoverà i primi passi nel mondo del calcio o forse è meglio dire le prime parate, ma con la Lupa sul petto della maglia giallorossa della Roma – con cui vincerà anche la Supercoppa Italiana - vincerà lo storico scudetto nella stagione 2000/20001.

Un altro tricolore lo vincerà con la maglia del Milan, una bacheca che vanta anche l’europeo con la nazionale italiana Under 21 nel 2004 e il bronzo olimpico nello stesso anno ad Atene.

Nel 2006 la ciliegina sulla torta, la vittoria del Campionato del Mondo, poi appesi i guantoni al chiodo la carriera di allenatore: «…il fatto di studiare per diventare allenatore e provare a diventare un bravo allenatore deriva da una vocazione cresciuta negli ultimi anni di carriera proprio grazie ai miei allenatori che ho avuto. Quando ti dicono puoi fare questo mestiere allora devi provare e devo dire che mi piace molto».

Sulle pagine del nostro giornale il Campione del Mondo, il grande Marco Amelia.

Marco ti do il benvenuto sulle pagine virtuali del nostro giornale, come stai?
R: «Molto bene ragazzi e vi ringrazio per l’ospitalità nel vostro spazio».

Farei partire questa chiacchierata da una maglia – quella della Roma con cui vincesti uno scudetto – e da un allenatore - José Mourinho che nel 2015 ti volle al Chelsea – e quindi vorrei un tuo parere su questo divorzio che ha trovato lo sfavore della piazza se così si può dire…
R: «Purtroppo in questo momento non si può pensare ad una Roma che può lottare per i primi posti. Io credo che comunque anche se avesse finito la stagione non sarebbe rimasto quindi la società ha pensato di cambiare oggi per poter iniziare a lavorare per il futuro. Mi dispiace per il mister cui sono molto legato, ha fatto qualcosa di straordinario nell’ambiente Roma, ha fatto sognare una tifoseria».

Marco cosa ti sei portato dentro del tuo rapporto con l’allenatore portoghese?
R: «Dopo l’esperienza con lui mi sono portato dietro il suo modo di fare l’allenatore, una grande capacità di gestione non solo del gruppo squadra ma di tutto l’ambiente in cui lavora».

Cosa significa vincere qualcosa di importante come uno scudetto con la maglia della Roma?
R: «Vincere con la Roma significa tantissimo, una vittoria con un club del genere valgono dieci vittorie di un club milanese o della Juventus».

Nella tua carriera hai avuto presidenti quali Mauzizio Zamparini, ma anche Aldo Spinelli ed Enrico Preziosi, gente che in tre hanno mangiato assieme forse cento allenatori, te cosa ti ha spinto nel proseguire sulla panchina la tua carriera nel mondo del calcio?
R: «Ho avuto tanti grandi presidenti innamorati del calcio e del modo di fare calcio, nonostante questo sono stati passionali e mi è piaciuto molto lavorare con loro. Il fatto di studiare per diventare allenatore e provare a diventare un bravo allenatore deriva da una vocazione cresciuta negli ultimi anni di carriera proprio grazie ai miei allenatori che ho avuto. Quando ti dicono puoi fare questo mestiere allora devi provare e devo dire che mi piace molto».


Nel corso di questa tua gavetta hai vissuto l’esonero in due occasioni, cosa rappresenta questo momento per un allenatore?
R: «Guarda io ho vissuto degli esoneri particolari ma comunque è difficile staccarsi dalla squadra e dal rapporto che hai con i singoli giocatori. Non è un momento semplice ma come mi ha detto un grande allenatore il giorno in cui vieni esonerato è il momento in cui diventerai uno allenatore vero».

Da calciatore ad allenatore, come vedi oggi il campo da gioco?
R: «La visione del campo è nettamente diversa, ho dovuto cambiare la mia visuale dello scorrimento della partita. Diciamo che adesso riesco a vedere soltanto le partite da laterale al campo per riconoscere i movimenti dei giocatori».

Quanto è importante la gavetta per uno che come te vuole percorrere questa strada?
R: «La gavetta è fondamentale perché ti permette di fare degli errori che ti insegnano senza avere la pressione dei massimi livelli e questo ti forma per essere poi preparato ad affrontare i massimi livelli».


Quale la tua opinione nei confronti di coloro che si sono ritrovati su panchine prestigiose dall’oggi al domani?
R: «Chi si ritrova a fare questo tipo di passaggio è sicuramente qualcuno che ha giocato a grandi livelli ed è giusto che abbia questa possibilità, perché chi ha giocato a quei livelli conosce molto di più, soltanto che può sbagliare meno rispetto ad iniziare con la gavetta. Purtroppo sono pochi casi in cui chi ha iniziato così ha ottenuto grandi risultati. Personalmente io ho preferito fare gavetta».

C’è un qualcosa che è mancato alla tua carriera di calciatore?
R: «Mi è mancato tornare a vestire la maglia della Roma, quando andai via da ragazzo dopo lo scudetto promisi a me stesso di voler tornare. Non ci sono mai riuscito ma sono contento lo stesso, ho giocato in club importante e ho giocato in nazionale, va bene così».

Soprattutto per la tua carriera cosa ha rappresentato la notte del 11 luglio del 2006?
R:«La vittoria del mondiale ti riconosce Campione del Mondo per sempre, non ha cambiato molto la mia carriera però hai la fortuna di avere ottenuto un risultato che pochi possono ottenere».

Che Marco Amelia vorresti vedere in futuro?
R:« Mi vorrei vedere come un bravo allenatore. Che possa lasciare il segno nelle squadre in cui allena. Mi basta questo».

Nessun commento

Powered by Blogger.