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La Voce Grossa di…Franco Ricciardi(intervista):«Vorrei che quel “Treno luntane” mi porti in una stazione infinita verso una destinazione sconosciuta»


Nicola Ricchitelli – Quando cerchi di mettere nero su bianco una carriera importante come quella dell’ospite della nostra rubrica dedicata alle interviste di quest’oggi, si rischia di perdersi in quei quarant’anni di carriera che non si raccontano in poche righe: «… sono passati così tanti anni, tanti quasi da non accorgertene…».

Quasi quarant’anni di carriera, 22 album – di cui due live – e una carriera che aggrappato a quel “Treno luntane” lo porterà alla conquista di due “David di Donatello” nel 2014 e nel 2018 ma soprattutto lo porterà a divenire uno dei più grandi interpreti della musica napoletana.

Onorati sulle pagine del nostro giornale accogliamo il maestro Francesco Liccardo, al secolo Franco Ricciardi.

Maestro siamo a qualche metro dal traguardo dei quarant’anni di carriera – era il 1986 quando esce il primo album “Nuova voce...Nuovo stile...Nuove avventure” – si aspettava di fare così tanta strada?
R: «Insomma… sono passati così tanti anni, tanti quasi da non accorgertene…ancora oggi sento di avere tanti progetti da portare a termine…sento come se mi trovassi all’inizio di una carriera. Ci sono tante idee da realizzare ma soprattutto c’è lo spirito di chi vuole fare tanto. Solo quando me lo chiedono mi accorgo di quanto tempo in realtà sia passato, ma fin quando c'è questo tipo di spirito va bene…arrivando al palazzetto dello sport di Andria per il mio concerto e vedendo in quanti aspettano di ascoltare la mia musica vedo sempre un inizio, vedo sempre la parte iniziale delle cose, non vedo mai la fine, non amo i finali».

Infatti quando si parla di Franco Ricciardi il pensiero corre alle generazioni attuali, il tuo pubblico è là tra la gioventù di oggi…
R: «Si…ci sono tanti ragazzi oltre ai tanti che mi seguono fin dai tempi degli esordi…c’è una tipologia di pubblico che va dai 15 ai 30 anni che oggi forse rappresenta lo zoccolo più duro del mio pubblico…».


Come si spiega tutto questo?
R: «Sono sempre stato curioso, sono sempre stato un artista desideroso di fare cose nuove, mi sono sempre messo in discussione, non sono mai stato schiavo o affezionato di cose già fatte. Andare avanti sempre senza però mai perdere di vista l'anello di congiunzione…».

Hai cantato Napoli e la sua napoletanità, hai cantato il nostro sud e la nostra terra, hai sentito in questi anni un po' questa responsabilità?
R: «Io non mi non mi ritengo un cantautore ma bensì un canta popolo, per il semplice fatto che racconto il popolo, io sono il popolo. Le mie canzoni non le scrivo io, alla fine le mie canzoni le scrivono i tanti che incontro tutti i giorni, le mie canzoni sono i pensieri di tutti, anche un tuo pensiero ora che ti ascolto lo metto su carta e può farsi canzone. Il segreto sta tutto là, non sentirti mai arrivato, essere cosciente che tutto può succedere, che tutto è dietro l'angolo, c'è sempre qualcosa da imparare, se c'è questo spirito credo che tutto quanto arrivi e prenda aria, tutto con molta leggerezza».

Come hai vissuto nel corso degli anni l’essere del sud, l’essere di Napoli o semplicemente l’essere a sud di qualcosa?
R: «Le differenze in fondo nessuno le ama, ma purtroppo qualcuno ci ha messo a sud così come qualcuno ci ha messo al nord. Tutti siamo a sud di Milano e a sud di della Francia. Tutti siamo a sud di qualcuno e di qualcosa. Io amo e dico la verità, non riesco a fare differenza, sono caratterialmente fatto così. A me piace tutto il mio Paese, piace questo posto dove viviamo che è il nostro pianeta Terra. Immaginate quanto io sia legato a questa vita. Io non amo le differenze, per me tutto bello…tutto fantastico».

È cambiato Franco Ricciardi da quel lontano 1986 ad oggi?
R: «Franco Ricciardi c’è e ci sarà sempre, ma soprattutto sarà sempre lui. La mia voce sarà quel qualcosa che metterà insieme generi musicali e generazioni, mi riconoscerete in un pezzo di trent'anni fa, quanto in un pezzo attuale, seppur Franco Ricciardi è cresciuto lo riconoscerete sempre nella sua voce d’artista, quando lo ascolterete saprete che è sempre lui».

Ti saresti mai aspettato che la tua musica, quella musica tanto ascoltata con la puzza sotto al naso ti avrebbe portato alla vittoria di due “David di Donatello”?
R: «Ricordiamo che il “David” è l'unico premio riconosciuto dallo Stato, ho vissuto quei momenti con incoscienza, più che altro con la non pesantezza. Qualsiasi cosa ho ricevuto, non l'ho fatto diventare mai, né pesante, ma ho vissuto tutto con leggerezza».


Una delle sue canzoni più famose – Treno luntane – le portava via un amore, quello stesso treno dove vuole ti porti in futuro?
R:«In una stazione infinita verso una destinazione sconosciuta , infinita e da scoprire. Sono appena all'inizio, sono appena all'inizio di un sogno. C'è ancora da sognare».

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