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Hip Hop, moda o modo di essere?

Elisa Acquaviva - “Hip Hop”: una parola sulla bocca di tutti o della maggior parte di chi si limita ad indossare una maglia larga, ignorando totalmente le sue radici.
L’Hip Hop nasce come movimento culturale verso la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta in America, precisamente nel ghetto più malfamato di New York (il Bronx), ma molti non sanno che, se parliamo di “radici”, dobbiamo fare riferimento all’Africa; potremmo quindi partire dal 1619, data della prima importazione di schiavi africani in America (da qui il termine “cultura afro-americana”) e quindi citare lo “schiavo nero dei campi” che, nonostante le tante ore di lavoro e le pessime condizioni di vita, non si perdeva d’animo ed esteriorizzava il suo disagio attraverso la musica, traendo ispirazione dalla fatica. Parliamo quindi di “work songs”, ed è proprio da questa tecnica musicale che prendeva vita il Blues, l’ R&B e il Rap contemporaneo.
La cultura Hip Hop si basa su cinque punti fondamentali: il DJ’ing, il Writing, l’Mc’ing, il Breaking e l’ultimo, ma non per importanza, è “The knowledge”.
Esaminiamoli singolarmente in maniera breve:
il Djing è l’arte del Dj, ovvero colui che utilizza due dischi contemporaneamente creando, con due tracce, una melodia unica (arte dello scratching) ; in questa parentesi cito dj KoolHerk, pioniere di questo movimento;
il Writing è il campo dei graffiti, soliti per definire e mettere in evidenza una crew (gruppo) o per segnalare anche la presenza di “block party”, ovvero le feste di strada;
l’Mcing. L’MC non è altro che colui che intrattiene la gente con il suo rap; da qui nascono le battles, cioè vere e proprie sfide in cui due rapper si confrontano sulla loro capacità di creare rime, improvvisando;
il breaking, insieme al popping e allocking, è la parte “Oldschool” se esaminiamo l’Hip Hop per quanto riguarda la parentesi “danza”. Tornando a parlare di battles, è tipico formare dei cerchi per strada, all’interno dei quali ci si può sfidare e mostrare le proprie capacità di ballerino;
l’ultimo punto è “The knowledge” che, seppur elencato per ultimo, è il più importante di tutti perché il termine stesso significa “conoscenza”. Perché voglio battere maggiormente su questo punto? Perché io penso che sia proprio ciò che manchi a Barletta… oh Dio, nessuno si senta offeso, che sia a conoscenza di queste notizie o meno! Voglio dire, l’Hip Hop non è indossare un capello New Era e camminare per strada con atteggiamento cool, ripetendo “Yo”.
Io sono un’insegnante di Hip Hop e insegno in alcune scuole di danza qui a Barletta, e mi sforzo in tutti i modi possibili e immaginabili di far capire ai miei allievi, soprattutto ad una crew che sto portando in giro per gare e concorsi ( i Devil Inside Crew), che l’Hip Hop non si limita ad un balletto in sala di danza, assolutamente no, ed è per questo che mi sono un po’ dilungata sulle caratteristiche di questa cultura, perché ,ahimè, c’è gente che non sa, non conosce ed è il modo più errato di far crescere la persona ancor prima che il suo bagaglio culturale; per cui io penso che, a mio modestissimo parere, e non voglio assolutamente peccare di superbia, prima di insegnare la tecnica in sala di danza bisognerebbe porsi il quesito “Conosco questa cultura?”, altrimenti sarebbe come saper fare la radice quadrata di numeri infiniti e non saper fare due più due.
Tornando all’influenza che l’Hip Hop ha avuto sull’America e il resto del mondo, non è difficile capire come ci sia riuscito, considerando che è esso stesso un mezzo per manifestare disagio, ribellione o qualsiasi altro sentimento si nasconda nell’animodell’essere umano. Questo è proprio quello che fa la crew barlettana “Scyt u seng” che vede a capo il rapper Siffa, ideatore del progetto, avvicinatosi a questa cultura perché ,spinto da un senso di disagio, sentiva il bisogno di esprimere i suoi concetti attraverso la musica. Con la collaborazione di Pe Cingk e successivamente di La marmòtta, conosciuti in alcune situazioni Hip Hop e accomunati dallo stesso interesse, stanno portando il loro livein giro per i locali barlettani.
Io spero solo che queste poche righe servano a far riflettere su un concetto importante: l’Hip Hop è uno stile di vita, un modo di essere e non una moda.
Spero che con gli anni, questo movimento, si allarghi a macchia d’olio nel territorio barlettano anche se, rispetto a qualche anno fa, posso personalmente riscontrare molti miglioramenti partendo dal fatto che posso tranquillamente camminare per strada senza essere indicata come un ufo solo perché indosso la maglia del mio papà.
Peace

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