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La Voce Grossa di…Federica Miceli(intervista): «Racconto il mondo camminandoci dentro…non solo per ammirarlo…ma per sentire chi sto diventando…»


Nicola Ricchitelli – La voce di quest’oggi arriva dalla Sicilia, lei è una travel blogger italiana, ha costruito uno stile di vita fondato sul nomadismo digitale e sulla passione per il viaggio autentico.

Siciliana di nascita, con forte attaccamento alle sue radici ma desiderosa di esplorare il mondo. Laureata in Scienze per la Comunicazione Internazionale, poi specializzata in Economia del Turismo presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha deciso di abbandonare un lavoro tradizionale d’ufficio per seguire la sua inclinazione verso il viaggio, l’esplorazione e la libertà.

Cerca il contatto umano: per lei, non basta visitare posti, è fondamentale incontrare persone, ascoltare storie, vivere esperienze, anche locali, autentiche. Ama uscire dalle rotte turistiche standard, “sbocciare” la curiosità anche in luoghi vicini, non solo lontani. Fa dell’“holiday-working” (cioè lavorare mentre si viaggia) non solo una necessità, ma una scelta di vita. Ottimista, piena di energia: nel suo racconto si percepisce entusiasmo, voglia di esplorare, di non fermarsi mai.

Sulle pagine de La Voce Grossa accogliamo la voce di Federica Miceli.


Cosa ti ha spinto per la prima volta a viaggiare non solo per piacere, ma trasformando il viaggio in uno stile di vita e in un lavoro?
R: «La necessità di sentirmi libera, intera. Dieci anni fa ho lasciato un lavoro sicuro e una scrivania che conoscevo a memoria. Non avevo un piano. Solo un’urgenza: smettere di vivere aspettando le ferie. Il viaggio è entrato piano, ma ha preso tutto lo spazio: prima come ricerca, poi come casa, infine come lavoro. E oggi racconto il mondo camminandoci dentro, non solo per ammirarlo, ma per sentire chi sto diventando, passo dopo passo».

Qual è stata la destinazione che ti ha cambiato di più e perché?
R: «Non è stata una destinazione, ma un percorso: la Spagna a piedi da Siviglia a Finisterre. 1.160 chilometri in solitaria, zaino in spalla e nessun piano prestabilito. Quel cammino mi ha tolto tutto il superfluo e mi ha lasciato solo l’essenziale: silenzio, fatica, incontri, verità. Mi ha insegnato che si può vivere con poco, che il tempo si può abitare lentamente e che a volte non serve sapere dove stai andando, basta riconoscersi nel cambiamento. È stato un viaggio dentro il mondo, ma soprattutto dentro di me».

Come scegli i luoghi da visitare: segui più l’istinto, le opportunità lavorative o una lista di sogni da realizzare?
R: «Un mix di tutto questo, ma sempre filtrato da una domanda: "Questo viaggio mi somiglia?" Seguo molto l’istinto, ma anche i valori: autenticità, lentezza, rispetto per le culture locali. Se poi un progetto di lavoro incrocia questi ingredienti… è magia».

Quali sono le principali sfide dell’essere una nomade digitale e come le affronti nella vita di tutti i giorni?
R: «La connessione che salta, le videochiamate fatte in ostello, il Wi-Fi rubato in un bar sperduto. Non sapere dove sarai domani, ma anche la solitudine in certi momenti e la fatica di trovare una routine. Le affronto con flessibilità, organizzazione e tanta autoironia. E mi salvo ogni giorno ricordandomi che questa vita non è perfetta, ma è mia. E me la sono scelta».

L’holiday working è un concetto che ti rappresenta molto: come lo spiegheresti a chi non lo conosce?
R: «È la libertà di lavorare mentre vivi luoghi nuovi. Ma non è vacanza. È un modo diverso di abitare il tempo: rispondere a una mail prima di fare il bagno nell’oceano, ma anche montare un reel dal letto di un ostello. È l’equilibrio tra responsabilità e sogno, in quella libertà (non assoluta, ma consapevole) in cui il lavoro non spegne la scoperta, ma la rende possibile».

In che modo un travel blogger oggi può differenziarsi in un settore così competitivo?
R: «Essendo vero. Anche quando è scomodo. Raccontando anche le disavventure, i momenti no, i dubbi. Mostrando non solo le mete, ma le trasformazioni. Lo storytelling non è solo cosa racconti, ma COME lo fai. E oggi più che mai la differenza la fa chi ci mette l’anima, non solo l’estetica».

Quanto incide la tua identità siciliana nel tuo modo di viaggiare e raccontare il mondo?
R: «Tantissimo. La Sicilia è nel mio accento, nei miei gesti, nella mia empatia. È un modo di stare al mondo: viscerale, sentendo le cose profondamente, entrando in relazione e portando sempre un po’ di casa anche dove casa non c’è. Viaggio con la mia terra addosso, anche quando sono dall’altra parte del pianeta perché la sicilianità è la mia lente sul mondo».


Tra cibo, cultura, persone e paesaggi: quale elemento per te è più importante per trasmettere l’essenza di un luogo?
R: «Le persone. Sempre. Sono loro a rendere unico un posto. I racconti, gli sguardi, gli incontri casuali che ti restano dentro. Mi è successo in Colombia: villaggi sperduti dove la vita scorre lenta e lo sguardo degli altri ti attraversa. Incontri che ti fanno sentire a casa anche se sei dall’altra parte del mondo. I paesaggi possono essere simili, ma gli esseri umani che li abitano no. E sono proprio loro, con le loro storie e il loro calore, a rendere quel luogo indimenticabile».

Hai già in mente un viaggio o progetto speciale che sogni di realizzare nei prossimi anni?
R: «Sì. Sogno di attraversare l’Italia a piedi. Tutta. Dal nord al sud, dalle montagne al mare, dai borghi nascosti alle città più vive. Un cammino enorme, forse il più ambizioso che abbia mai immaginato. Ma sento che prima o poi partirò. Perché troppo spesso andiamo dall’altra parte del mondo, dimenticandoci di conoscere davvero Casa. Vorrei restituire voce ai territori, ai volti, alle storie. Vorrei ascoltare i battiti nascosti del mio Paese e provare a raccontarli».

Se dovessi dare un consiglio a chi sogna di diventare travel blogger o content creator, quale sarebbe il primo passo da fare?
R: «Inizia. Non aspettare il momento giusto. Non aspettare l’attrezzatura perfetta, il viaggio perfetto, la vita perfetta. Inizia. Con quello che hai, da dove sei. Racconta il mondo come lo vedi tu, perché la tua voce è il tuo valore più grande. Coltivala, proteggila, allenala. Non imitare nessuno. Trova cosa ti rende unico/a e raccontalo con coraggio».

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