Facebook, pregi e difetti dell'oscura macchina bianca e blu
Elisa Acquaviva - Ginocchia
sbucciate, palloni bucati, mani sporche di terra, sono stati sostituiti da una
semplice schermata bianca e blu che ci tiene tutti incollati a sé: signore e
signori, “Facebook”.
Facebook
è quel qualcosa che ha preso il posto di un abbraccio, di un “Ciao, come va?”
detto guardando la gente negli occhi. Non che io abbia un’età avanzata per non
comprendere certe innovazioni e adeguarmi ad esse ma…non erano molto più belli
i nostri pomeriggi passati a casa di un’amica dopo aver terminato i compiti?
Questo social network è, anche ma non solo, un elenco di nomi con accanto foto
di prime comunioni.
Certo,
ci sono ancora bambini che giocano per strada o che comunque si dedicano ad
attività extrascolastiche, ma dopo aver appioppato un paio di ‘mi piace’ qua e
là. Continuando, ci sono gli adolescenti: che Dio ci aiuti!
Una
marea di amori finiti, di pianti isterici, di gare a chi ha più complimenti
sotto le proprie foto, di litigate verbali alle quali si potrebbe
tranquillamente assistere sgranocchiando dei popcorn; e poi ci siamo noi, gli
adulti. Ma che ci facciamo noi adulti su Facebook? Come ci siamo finiti su
Facebook? O, meglio ancora, com’era la nostra vita prima di essere travolti
dalla social network-mania? Io penso che quest’ultima sia la domanda che ci
poniamo un po’ tutti; ma cosa facevamo, prima, nelle ore libere della nostra
giornata? Ovviamente, non voglio fare di tutta l’erba un fascio; c’è ancora chi
nel tempo libero dipinge, legge un libro, passeggia, corre, scrive; c’è anche
chi, tempo libero, non ne ha, ma per la maggior parte della popolazione
mondiale, tutto è stato compresso e amalgamato in un “Mi piace, commenta,
condividi.”
E
quel maledetto “Visualizzato”? Ne vogliamo parlare? Non oso immaginare a quanti
rapporti abbia messo fine questo tipo di notifica. Sapere che, il nostro
interlocutore, visualizza il nostro messaggio senza darci una risposta… un’atrocità
unica, causa di litigi e di rottura di relazioni amorose. C’è, inoltre, l’aspetto
pubblicitario, grazie al quale qualsiasi attività fa propaganda a quello che è
il proprio nome; prendiamo le scuole di ballo, tanto per citarne una. Sembra di
stare ad un mercatone o, peggio ancora, all’asta: iscrizioni gratuite, se porti
due persone ad iscriversi ti offrono dieci lezioni gratuite, sene porti quattro
ti regalanoun biglietto per un evento in discoteca, se ne porti cinque ti danno
in omaggio due mesi di lezione e un braccio della loro
segretaria… cose di tutti i giorni. Ne sono “colpevole” anche io, essendo
un’insegnante di danza, ma rispondo a tutti i capi d’accusa con una sola
parola: evoluzione.
Per quanto io stia descrivendo Facebook come un mostro terrificante, bisogna dire che ha anche i suoi aspetti positivi come, per esempio, ritrovare vecchi amici, persone delle quali se ne erano perse completamente le tracce. Si può scappare da qualsiasi cosa, ma non dalla diabolica “macchina” bianca e blu, lei sa tutto di tutti e riesce a mettere in contatto due persone dall’altro capo del mondo. Certo, magari dopo un po’ di anni ci si ritrova un tantino invecchiati, diversi, ingrigiti, per cui non so quanto possa essere positivo quest’altro aspetto. Ovviamente mi sto burlando un po’ della realtà ma se non altro, posso dire con certezza di aver imparato qualche importante aforisma: ho imparato che “non bisogna toccare un cuore se non si è in grado di amarlo”, che “chi trova un amico trova un tesoro” e che “senza la musica, la vita sarebbe stata un errore”. Grazie a Facebook, siamo tutti un po’ più colti… peccato che continuiamo a scambiare Hermann Hesse per un componente dei Gemelli Diversi.