La Voce Grossa di…Fulvio Collovati(intervista): «Liedholm incuteva timore solo se lo si guardava…oggi vediamo troppi calciatori mettere in discussione i propri allenatori…»
Nicola Ricchitelli – Sulle le nostre pagine la voce di un Campione del mondo, sulle pagine de la Voce Grossa la voce di uno degli eroi del “Mundial” del 1982.
È stato uno dei migliori difensori italiani degli anni ’80, cresciuto nel settore giovanile del Milan, ha esordito in prima squadra nel 1976, diventando presto titolare. Dopo la retrocessione dei rossoneri nel 1980 - a seguito dello scandalo del calcioscommesse - rimase per una stagione in Serie B poi il passaggio sull’altra sponda del naviglio nel 1982, una scelta che suscitò polemiche tra i tifosi milanisti. Con i nerazzurri giocò quattro stagioni, poi passò all’Udinese (1986-87), quindi alla Roma (1987-89) e infine al Genoa, dove chiuse la carriera nel 1993, tra le altre cose fu tra i protagonisti della memorabile cavalcata fino alle semifinali del “Grifone” in Coppa Uefa, era in campo in quel 18 marzo 1992 ad Anfield Road nella storica vittoria del Genoa per 1-2 contro il Liverpool.
In Nazionale fu indiscusso protagonista del Mondiale 1982, vincendo il titolo da titolare nella difesa di Enzo Bearzot. Con l'Italia collezionò 50 presenze e 3 gol tra il 1979 e il 1986.
Accogliamo sulle pagine de La Voce Grossa l’inossidabile Fulvio Collovati.
Fulvio, a vedere quello che sta succedendo a Milan e Juventus, sembra quasi che chi indossa quelle maglie non abbia più reale percezione del loro peso…
R: «Non solo per quella del Milan e Juventus, ma un po' per tutte le maglie, oggi quella del calciatore è una figura primaria nel panorama calcistico mondiale, un tempo la società veniva prima di tutto…un tempo comandavano le società, oggi comandano i calciatori, sono loro a fare e disfare contratti, il potere del calciatore è cambiato, ha un suo entourage, questo tutela il calciatore ma ha fatto si che le società perdano la loro autorità, nel momento in cui la riacquisiranno vedremo calciatori un po' più rispettosi della maglia che indossano. Forse servirebbero un po' più di presidenti come Claudio Lotito e Aurelio De Laurentis…».
Soprattutto, i calciatori sentono ancora le cosiddette “farfalle nello stomaco” quando sul campo parte la musica della Champions League?
R: «Ho l’impressione che un fondo di verità c’è nella tua considerazione, oggi la Champions League è una competizione importante…un tempo era l’unica competizione importante assieme alla Coppa del Mondo. Oggi abbiamo molteplici competizioni, dal Campionato del mondo per club, Europa League, la Conference League, ne abbiamo forse troppe di competizioni, questo fa si che una competizione come la Champions perda spessore…».
Anche in quella stagione maledetta della retrocessione sul campo del Milan ci furono dissidi con l’allenatore – Luigi Radice – vede delle analogie con quanto successo quest’anno nello spogliatoio del Milan?
R: «Sono situazioni completamente diverse, quella fu una stagione dannata, irripetibile, cose che succedono una volta nella storia, ci furono dissidi con l’allenatore, ma anche infortuni – su tutti quello di Franco Baresi – la proprietà all’epoca ci aiutò poco circa la possibilità di poterci salvare, lì ci fu una retrocessione sul campo. Quest’anno stiamo assistendo a beghe, ammutinamenti, perché non c’è la figura della società in buona sostanza…».
È stato allenato da Liedholm e da Bearzot su tutti…la figura dell’allenatore oggi ha ancora presa sui calciatori?
R: «Liedholm parlava poco, ma aveva quel carisma tale da incutere timore solo se lo si guardava…Oggi assistiamo a Cambiaso che discute con Tiago Motta, si discute con Sérgio Conceição, con Gasperini, il tutto lo si fa fuori dalle quattro mura di uno spogliatoio, lo si fa attraverso media e social. La figura dell’allenatore è una figura importante ma ha perso quella presa sul giocatore…».
Fulvio la vince l’Inter la Champions?
R. «Tutto è possibile, è finita nella parte di tabellone che è alla sua portata, dipende dall’Inter che ritroveremo tra qualche settimana, se sarà un Inter che ritroverà quella fame di qualche tempo fa, allora diciamo che potrà arrivare tra le prime quattro…poi tutto può succedere».
Nell’estate del 1982 alzò la Coppa del Mondo sotto il cielo di Madrid, ma passò anche dall’altre parte del naviglio…lei che è cresciuto nel Milan, quanto coraggio ci volle?
R: «Non fu una questione di coraggio…Ero già stato in serie B con il Milan nella stagione 1980/81 e spesso mi ritrovavo il sabato a giocare con la Nazionale e la domenica ero in campo con il Milan, non potevo ripetere questa cosa, rischiavo di perdere la maglia della Nazionale…Non avrei mai lasciato il Milan, si presentò l’opportunità di andare all’Inter e ci andai…fu una scelta di opportunità».
Poi Nils Liedholm la volle a Roma, cosa significano i colori giallorossi per i suoi tifosi?
R: «Andai alla Roma dove ritrovai Nils Liedholm che mi volle fortemente nella capitale, la maglia giallorossa per i suoi tifosi è un qualcosa che dà forza, rappresenta appieno i suoi tifosi, però dovrebbero un po' varcare i confini cittadini…a Roma basta vincere un derby e stai bene tutto l’anno, dovrebbero ragionare un po' più ad ampio raggio».
Con la maglia del Genoa arrivaste fino alla semifinale di Coppa Uefa – oggi Europa League – qualcosa di irripetibile?
R: «L’Atalanta sta facendo cose egregie da anni, arrivammo quarti in campionato – oggi varrebbe dire Champions League, un po' come il Bologna lo scorso anno – tutto è ripetibile se c’è la giusta organizzazione e soprattutto i giusti calciatori, noi avevamo Carlos Aguilera, Branco, Skuhravy che erano giocatori di grandissimo livello…».
Il calcio italiano tornerà ad essere competitivo?
R: «Il calcio italiano non riesce a competere con il calcio europeo per una questione economica, i grandi calciatori oramai da anni vanno all’estero e non in Italia. Io sono un prodotto del settore giovanile, quindi dico che bisogna investire sempre più sui giovani…oggi ci riempiamo la bocca con la “costruzione dal basso”, cosa che Gaetano Scirea e Franco Baresi facevano già quarant’anni fa, oggi non difendiamo più, al difensore si chiede sempre più di costruire anziché difendere, quindi ritorniamo a difendere, ritorniamo a difendere la propria porta, a marcare l’uomo…oggi non sappiamo più difendere…nei settori giovanili si chiede di costruire l’azione…dovremmo tornare alla nostra identità calcistica e forse torneremo protagonisti in Europa.