La Voce Grossa di…Alessia Manocchio(intervista): «Il Giornalismo? Raccontare emozioni è un modo per viverle per sempre»
Nicola Ricchitelli – Giornalista sportiva, conduttrice televisiva ma anche speaker, comunicazione e divulgazione nel mondo dello sport sono il suo pane quotidiano.
La voce che vi raccontiamo oggi arriva dalle pagine di Sport Zone News di cui è direttrice ed editrice, non ha bisogno di tante presentazioni, sulle pagine de La Voce Grossa accogliamo Alessia Manocchio.
Hai una formazione molto completa tra sport e comunicazione: qual è stato il momento in cui hai capito che volevi unire questi due mondi?
R: «Ci sono strade che non scegli: ti vengono incontro, ti prendono per mano e ti guidano. Non c’è stato un solo momento, ma una serie di intuizioni che si sono intrecciate nel tempo. Fin da bambina lo sport è sempre stato un principio cardine della mia vita, percependolo come identità, passione, scoperta di sé e mai come pura tecnica o risultato. sentivo che il movimento non era solo fisico: era un modo di essere, di esistere, di raccontarmi Da bambina correva non per arrivare prima, ma per sentire il vento sul viso; da ragazza, lo sport è diventato il modo più autentico per conoscermi e riconoscermi. Lo sport rappresenta per me una scuola di vita, un linguaggio universale attraverso il quale conoscere sé stessi, accettarsi e comunicare il proprio “io”. Durante il mio percorso quinquennale di studi universitari, grazie ad un corso di comunicazione e, nello specifico di giornalismo sportivo, ho percepito chiaramente che volevo dare voce a quella stessa energia che provavo durante la partica sportiva: raccontare lo sport, non solo per I meri risultati, ma per le emozioni, le sfide, i valori profondi che custodisce. Riuscire a far vivere le emozioni inedite di una disciplina sportiva soltanto grazie alla magia del racconto è stata soltanto una delle mie piccole ma grandi consapevolezze inziali e quando ho iniziato a muovere I miei primi passi nel mondo del giornalismo, ho capito che raccontare quelle emozioni sarebbe stato il mio modo di viverle per sempre, non avrei mai rinunciato a questa doppia anima.
Come nasce SportZoneNews.it e qual è la tua missione come direttrice di una testata sportiva?
R: «Non solo un progetto editoriale, ma un manifesto personale nasce così Sport Zone News, una vera e propria “personal zone” sportiva, spazio dedicato allo sport vissuto a 360 gradi, dove trovare notizie, storie, approfondimenti. Un luogo dove ogni disciplina ha voce, ogni storia ha dignità, ogni atleta — famoso o sconosciuto — può trovare spazio. Ogni lettore dovrebbe sentirsi parte di qualcosa di vero, che ritrovi nei nostri articoli quella scintilla che spesso si perde nella narrazione patinata dello sport spettacolo. Come direttrice, la mia mission è dare voce a tutte le discipline, raccontare lo sport come strumento di crescita personale e sociale. Un’informazione che sia appassionata, corretta e inclusiva, capace di dare voce anche a quelle realtà che spesso rimangono ai margini., dando spazio alla verità dello sport, lontano dalla spettacolarizzazione fine a sé stessa, propria autostima, a rispettare sé stessi e gli altri. Il “movimento” è un linguaggio universale che aiuta a crescere felici e consapevoli ed il corpo in movimento è il primo strumento di esplorazione del mondo che abbiamo: attraverso il gioco, lo sport e l'attività fisica, i bambini imparano la resilienza, l'autonomia, la cooperazione. Non si tratta solo di correre o saltare, ma di imparare a cadere e rialzarsi, a credere in sé stessi. Significa piantare semi che un giorno fioriranno anche lontano da un campo di gioco».
Cosa ti affascina di più del giornalismo sportivo? Hai un evento o una telecronaca che ricordi con particolare emozione?
R: «Credo che il fascino puro ed insito del giornalismo sportivo sia inenarrabile: raccontare la lingua universale che unisce tutti, lo sport, è un privilegio che solo coloro I quali riescono a far venir la pelle d’oca dall’emozione dovrebbero avere. Raccontare l’essere umano nei suoi momenti più autentici: la fatica, la gioia, la resilienza, la caduta e la rinascita. Raccontare un’impresa sportiva è come narrare una storia di coraggio. Dietro ogni gara c'è sempre molto di più di una semplice vittoria o sconfitta. Il ricordo della finale degli Europei 2021 resta scolpito nel cuore: non solo per il risultato, ma per l'intensità collettiva vissuta in quelle ore. Raccontare quella magica notte è stato come essere parte di un'unica, immensa onda di emozioni, una connessione che andava oltre il calcio, parlava di appartenenza, di speranza, di rinascita. Non potei, però, in alcun modo dimenticare l’incontro con capitan Javier Zanetti e Totò Schillaci in occasione di una mia presentazione ad una partita di beneficenza: due grandi pezzi di storia di Italia ’90 che sempre resteranno impressi nella storia del calcio italiano ed internazionale».
Come riesci a bilanciare la tua attività come giornalista con il ruolo di tutor scolastico di educazione motoria?
R: «Essere un docente scolastico di educazione motoria è indubbiamente un impegno che richiede grande organizzazione e tanta passione. Non sempre è facile, ma I due ruoli si alimentano a vicenda: trasmettere ai più giovani i valori dello sport. La chiave è l’organizzazione, ma soprattutto la passione: quando ami davvero ciò che fai, trovi sempre il modo di far dialogare le tue diverse vocazioni. Il contatto quotidiano con i bambini mi ricorda l'importanza dei valori dello sport, mentre il giornalismo mi permette di dare voce a questi principi anche fuori dalla palestra».
Cosa significa per te educare attraverso il movimento, soprattutto con i più giovani?
R: «Per me, educare attraverso il movimento equivale al dare ai bambini strumenti per affrontare il mondo, aiutandoli a conoscersi, a costruire la minima parte, a riaccendere una speranza, è stato incredibilmente emozionante e mi ha ricordato quanto la parola, quando è sincera, possa davvero avere un impatto. Sono queste le vere vittorie, quelle che non finiscono nei titoli di giornale, ma che cambiano le vite».
Sei molto attiva sui social: quanto è importante oggi comunicare lo sport anche attraverso questi canali?
R: «Oggi i social sono fondamentali: permettono di arrivare a un pubblico ampio e trasversale, di creare comunità, di trasmettere velocemente messaggi positivi legati allo sport. È uno strumento potente, da usare con responsabilità e intelligenza. Consapevole dell'importanza della comunicazione moderna, considero la mia presenza sui social non una vetrina, bensì un’estensione di questo stesso desiderio di condivisione autentica, del mio modo di vivere e raccontare lo sport: autentico, vicino alle persone, capace di emozionare. Comunicare oggi significa esserci davvero, senza maschere. I social sono un modo per continuare a raccontare, ad ascoltare, a creare legami reali in un mondo che a volte sembra troppo veloce per fermarsi a sentire. Nel mio caso i canali social sono strumenti preziosi per diffondere la cultura sportiva, creare comunità e trasmettere messaggi e valori positivi. creare comunità, abbattere stereotipi. Bisogna però tenere bene a mente che tutto ciò è un’arma a doppio taglio. É necessaria una giusta consapevolezza: non basta esserci, bisogna scegliere cosa raccontare e come farlo».
Che rapporto hai con i tuoi follower?
R: «Cerco sempre di costruire un rapporto autentico, fatto di scambi sinceri. Non li considero semplici numeri, ma persone con cui condividere una passione, una visione. Quando qualcuno mi scrive che un mio racconto lo ha emozionato o motivato, sento di aver dato un senso profondo al mio lavoro».
Hai mai ricevuto un feedback che ti ha colpita particolarmente?
R: «Sì, ed è uno dei ricordi più belli ed emozionanti della mia carriera che porto con me. Una madre mi ha scritto raccontandomi che, grazie a un mio articolo, suo figlio aveva ritrovato la forza di tornare a praticare sport dopo un infortunio difficile. Sapere di aver contribuito, anche solo in e valorizzando ogni racconto come un’opportunità di ispirazione. Essere direttrice di questa testata non è solo un ruolo, è una missione: far capire che lo sport è prima di tutto vita, trasformazione, opportunità. E che ogni storia merita di essere raccontata con rispetto e passione».
Nel tuo percorso, c’è una figura che ti ha ispirata o guidata in modo particolare?
R: «Se guardo indietro, riconosco con gratitudine le mani tese che ho incontrato lungo il cammino di diverse figure per me di riferimento. Tra le tante indubbiamente ho avuto la fortuna di incontrare un professore universitario di Bologna che ha creduto in me e mi ha incoraggiata a non avere paura di portare la mia voce nel mondo dello sport. Mi ha insegnato che competenza e passione fanno la differenza, anche in un ambiente ancora spesso dominato dagli stereotipi. Come mi tocca ammettere, allo stesso tempo, di aver trovato anche molta cattiveria ed ostilità nei confronti di questo lavoro dettate da puro pregiudizio».
Come vedi il futuro del giornalismo sportivo, specialmente per le donne in questo settore?
R: «Preferisco essere ottimista: vedo un futuro finalmente più inclusivo e consapevole. Le donne stanno conquistando sempre più spazio, non perché "devono essere rappresentate", ma perché dimostrano ogni giorno sul campo, nella scrittura, davanti a una telecamera, il proprio valore, la propria competenza e sensibilità. Credo che il futuro sarà costruito su un'informazione più autentica e meno stereotipata, e sono orgogliosa di poter dare il mio contributo a questo cambiamento».
Un sogno professionale che hai nel cassetto e che ti piacerebbe realizzare nei prossimi anni?
R: «Mi piacerebbe ambire ad acquisire sempre più competenze nei miei ambiti e magari chissà scrivere un libro che racconti lo sport attraverso le storie dei bambini e dei giovani atleti, mettendo in luce quanto il movimento e i valori sportivi possano cambiare la vita. E, se posso sognare ancora più in grande, mi piacerebbe un giorno raccontare dal vivo le emozioni di un’Olimpiade: sarebbe il coronamento di un percorso fatto di tanta passione e dedizione. Un sogno che ha il sapore delle cose vere: di quelle che non si inseguono solo con l’ambizione, ma con la passione, la pazienza e la voglia instancabile di credere che ogni storia, se raccontata con il cuore, può cambiare il mondo».