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La Voce Grossa di…Flaminia Laurenzi(intervista): «Il calcio è un compagno di vita…qualcosa che senti e vivi dentro e fuori».


Nicola Ricchitelli – La voce di quest’oggi è una delle voci più in ascesa nel panorama del giornalismo sportivo italiano, si contraddistingue per il stile diretto e appassionato, classe 1997, romana, collabora e conduce su CalcioMercato.it, portando freschezza e autenticità nel racconto del calcio. La sua penna e la sua presenza davanti alle telecamere riflettono una visione chiara: lo sport non è solo cronaca, ma anche emozione e dialogo con il pubblico.

Accogliamo sulle pagine de La Voce Grossa, Flaminia Laurenzi.

Qual è stata la critica più costruttiva che hai ricevuto e che ti ha cambiato il modo di lavorare?
R: «Solitamente, nella vita in generale, sono abbastanza distratta e disordinata. Sono una persona che va a mille ma spesso mi son persa. Un giorno, una grandissima giornalista mi disse “è meglio fare uno è fatto bene che cento e fatto male”. Questa frase la ricordo sempre, quando sono in affanno e vado di corsa. Me la ripeto e mi fermo, ragiono e porto a casa il risultato, magari ci impiego un po’ di più, ma almeno è fatto bene».

Se dovessi spiegare il calcio a chi non l’ha mai visto, quale metafora useresti?
R: «Bella questa domanda, non me la sono mai posta. Il calcio è una passione, una passione che nasce spesso e volentieri in ambito familiare. Se dovessi spiegarlo a qualcuno che non l’ha mai visto, lo potrei paragonare ad una canzone, a quella canzone che ti suscita delle emozioni, a quella canzone dove senti il cuore in gola, a quella canzone che ti fa piangere, a quella canzone che ha il ritornello da cantare a squarciagola. Ecco il calcio è un compagno di vita, qualcosa che senti e vivi dentro e fuori. Emozione».

Qual è la tua “colonna sonora” ideale mentre scrivi un articolo?
R: «Ecco parliamo di musica. Sono una grande fan di Eminem, è la colonna sonora della mia vita in generale. Mi gasa e mi carica. Quindi probabilmente potrei sentire un suo pezzo mentre scrivo il mio».


Hai un rituale scaramantico o una routine prima di andare in diretta?
R: «Non sono molto scaramantica, ho il mio rituale prima di una partita dell’Inter… mi vesto di rosso e nero in diretta…».

Tra i colleghi giornalisti o commentatori, chi ti ha insegnato di più semplicemente osservandolo?
R: «Beh molto lo devo alla mia direttrice, Eleonora. Lei una grandissima lavoratrice, instancabile, non molla mai e soprattutto arriva sempre in rete. Una grandissima donna e amica. Da lei cerco di imparare il più possibile e ‘rubare’ con gli occhi. In generale comunque tutti i colleghi con cui ho lavorato mi hanno aiutata tantissimo, ho imparato da tutti loro qualcosa e me lo porterò sempre dentro».

Se potessi cambiare una sola regola del calcio, quale sarebbe?
R: «Il fuorigioco, troppe emozioni… soprattutto nelle partite importanti. Scherzo ovviamente. Forse non ne cambierei nessuna».

Ti è mai capitato di emozionarti al punto da non riuscire a mantenere il distacco professionale?
R: «Assolutamente sì, il 22 aprile 2024 alle 22:43… il derby della seconda stella. Ero in tribuna stampa e non ho trattenuto l’emozione. Ho urlato e pianto e chiamato subito a casa per sapere come stesso mio papà».

Qual è stata l’intervista o la chiacchierata con un calciatore che ti ha sorpreso di più?
R: «Ho avuto il piacere di intervistare tantissime persone, però ti dico la chiacchierata con un ex calciatore… Ivan Cordoba. L’ho conosciuto e ho avuto l’immenso onore di scambiarci qualche chiacchierata, più che altro lui mi raccontava gli anni in nerazzurro e io lo ascoltavo… per me è stato un mito».


Come immagini il giornalismo sportivo tra dieci anni?
R: «Spero senza intelligenza artificiale. Me lo immagino sempre più social si, ma con approfondimenti, curiosità, racconti… cose insomma che non tutti vedono e non tutti sanno. Alla fine questo è il nostro dovere, informare e farlo nella maniera giusta e corretta».

Se non fossi diventata giornalista, quale sarebbe stato il tuo “piano B”?
R: «Il piano A in realtà era diventare criminologa, ma da brava sognatrice mi son persa con penna e carta (sono vecchio stile). Ho capito, tardi, che le mie grandi passioni, scrittura e calcio, potevano diventare un lavoro vero e proprio».

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